
Basta con l’economia equa&solidale
Come si fa in un mondo economico dove l’impresa è una realtà che varia da poche unità a migliaia di persone a rinchiudersi in schemi come se dominasse ancora la lotta di classe? Come si fa a pensare che il problema sia semplicemente difendere “i” lavoratori (ma quali lavoratori?)? Come si fa a pensare di guadagnare a tutti costi distruggendo l’ambiente, sfruttando le persone, senza pensare che tutto questo finirà per ritorcersi contro? Il marxismo e il liberismo ci hanno educato a pensare che il problema della giustizia e dello sviluppo siano solo un problema di distribuzione del reddito in un conflitto perenne tra lavoratori e padroni delle ferriere. Si parla di etica dell’economia, di commercio equo e solidale, di banche etiche, di possesso pubblico delle fondazioni, di forme giuridiche inerenti la proprietà dell’impresa, ma così si finisce nel vecchio schema. A questo, purtroppo, si associano anche cattolici di tutti i colori, quelli che in privato fanno gli affari e quelli che vivono in un nirvana antimodernista. Ma qual’è il vizio comune ai No global così come ai sindacalisti estremisti o agli imprenditori che ignorano le condizioni umane e ambientali? Proprio in un momento in cui le risorse sono scarse, contese a livello mondiale e italiano, parlare della distribuzione del reddito non può essere il primo dei problemi. In una economia complessa e globalizzata, i veri nemici non sono la “classe” o il politico avversari. La vera innovazione non è trasferire, in modo astratto, parole evangeliche all’economia. L’obiettivo di tutti deve essere capire come si possa produrre meglio e di più; come l’intelligenza, la creatività, il sacrificio, l’ingegno umano siano capaci, di fronte a risorse limitate, di generare una produzione più attenta ai bisogni, qualitativamente più valida ed ecologicamente compatibile. Il nemico è la rendita, lo spreco, lo sfruttamento indiscriminato, il diritto corporativo che non tiene conto del bene comune, prima ancora che una diversità di posizione; il nemico è non chiedersi come ognuno possa dare il meglio (intendendo per meglio non un qualcosa di meramente misurabile). Così, prima di parlare di altro, occorre chiedersi come le banche possano servire la produzione; prima di parlare di commercio equo e solidale, bisogna che il commercio ci sia e favorisca lo sviluppo; prima di dare premi sull’economia a chi di economia non si è mai interessato, occorre guardare in faccia milioni di persone che con le loro piccole imprese garantiscono l’economia di un paese. Del resto, nei momenti di crisi il genio cattolico, e non solo, ha sempre suggerito questa strada e su questo punto si vede subito che gli altri possono non essere nemici, ma compagni di viaggio: il padrone con il dipendente, l’operaio con l’imprenditore, il privato con il pubblico, il piccolo con il grande. Ci vuole un ideale grande, capace di motivare tutto questo. Ancora una volta il vero problema è l’educazione.
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