Bastone per i prof, carote ai somari. Così Prodi addomestica la scuola

Parliamo ancora di scuola e università. Tutti ricordano il cavallo di battaglia della coalizione di centrosinistra durante la campagna elettorale: per salvare l’Italia dal declino bisogna rilanciare la scuola, l’università e la cultura, dopo un quinquennio di disastri. Il bilancio del centrodestra, in questo campo, non era brillante, e molti hanno creduto allo slogan ed hanno sperato. È bastato pochissimo tempo per profilare un quinquennio da incubo. Agli inizi di agosto un decreto ha tagliato drasticamente i fondi per il funzionamento ordinario delle università, prevedendo addirittura una restituzione, a fine del 2006, dei fondi già assegnati, in pratica di ciò che è già stato in gran parte speso. Poi è arrivata la Finanziaria. L’art. 64 dispone che «in attesa di una specifica disciplina intesa alla revisione delle relative strutture retributive, finalizzata al superamento delle progressioni economiche articolate in automatismi stipendiali per anzianità nonché all’introduzione di specifici elementi di valutazione della produttività», per una serie di categorie di personale, fra cui i professori universitari, a decorrere dal 1° gennaio 2007 gli scatti periodici biennali previsti dagli ordinamenti siano ridotti del cinquanta per cento.
La mazzata, anche in termini pensionistici, è micidiale. È sacrosanto che i governanti intendano sottoporre i professori a una valutazione di produttività. Il guaio è che non hanno la minima idea di come farlo. Perciò si sono limitati a lanciare un’offesa gratuita accompagnata a un calcio nei denti economico: “Non so che pesci pigliare per valutarti, ma nell’attesa ti appiccico addosso l’etichetta di nullafacente e te la faccio anche pagare”. Un modo di ragionare tipico di chi cerca di convincersi di essere qualcosa calpestando i sudditi; alla maniera di un funzionario di un soviet.
Ma questo è niente. Che la scuola italiana sia pletorica è innegabile. Ma che la via per risparmiare sia bocciare di meno – in burocratese, mettere in atto «idonei interventi finalizzati al contrasto degli insuccessi scolastici» – è il frutto di una mente che capisce di istruzione come chi scrive è campione di danza classica. Con supremo sprezzo del ridicolo ci si addentra nella stima numerica del numero di ripetenti da abbattere: 10 per cento nei primi due anni della scuola secondaria per ottenere 644 classi in meno e la conseguente riduzione di 1.455 docenti e 425 segretari, bidelli e custodi. Il tutto è ispirato alla nobile premura per la preparazione dei giovani, alla disinteressata ansia per il loro bene e per il progresso culturale di tutta la società…
Comunque, per ottenere il risultato basta seguire il modello già architettato per le università: collegare l’entità dei finanziamenti con la percentuale degli studenti che si laureano in tempo, o con la percentuale dei promossi. Tutto andrà a gonfie vele (come già accade): i docenti promuoveranno a man bassa per non aver grane e tutti saranno contenti. Poi, quando ci si renderà conto che nel paese dilaga una valanga di somari e di ineducati, qualche politico strillerà che l’istruzione è un “bordello”. Come se non fosse colpa di chi continua a credere che si possa risolvere con un gioco di parametri la questione dell’educazione, che «non è solo un problema di istruzione o di avviamento al lavoro» (http://www.appelloeducazione.it/).

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