Ben vengano i migranti (qualificati)

Favorire la mobilità di medici e lavoratori specializzati non contribuirebbe solo a ridurre le diseguaglianze nel mondo, ma rafforzerebbe anche l’economia dei paesi riceventi. Ecco perché

Controllo passaporti per i migranti al confine tra Messico e Stati Uniti (foto Ansa)

Undicesimo articolo della serie di Bjørn Lomborg dedicata agli studi del Copenhagen Consensus su come la comunità internazionale può stabilire “Obiettivi di sviluppo sostenibile” davvero raggiungibili, a differenza dei velleitari 169 obiettivi fissati dall’Onu per il 2030. Le altre uscite della serie sono reperibili qui.

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Se i politici volessero combattere sul serio le diseguaglianze, molti economisti direbbero che esiste una misura ovvia: consentire più migrazioni globali. Un infermiere è pagato circa 1.900 dollari l’anno nei paesi poveri e circa 32.000 nei paesi ricchi. Un addetto di McDonald’s in India guadagna sedici volte meno di un collega che svolga le medesime mansioni negli Stati Uniti. La teoria economica ritiene che la maggior parte dei poveri del mondo potrebbero diventare molto più produttivi e molto più ricchi se gli fosse permesso di trasferirsi nel mondo sviluppato.

Le ricerche indicano abitualmente che aprire il mondo intero alle migrazioni potrebbe determinare un enorme incremento del Pil globale, tra il 50 e il 150 per cento. Naturalmente, ciò comporterebbe anche il trasferimento di oltre due miliardi di lavoratori nel mondo ricco. Nessun politico mainstream invocherà mai la libertà di movimento. Verosimilmente però c’è una politica migratoria che potrebbe essere politicamente più sostenibile, poiché ridurrebbe le diseguaglianze e sarebbe d’aiuto sia per il mondo povero che per quello ricco: l’aumento delle migrazioni qualificate.

Per tanti anni il mio think tank, il Copenhagen Consensus, ha lavorato con vari premi Nobel e oltre cento economisti di spicco per esaminare i modi in cui i governi stanziano fondi per fare del bene al mondo, con lo scopo di stabilire dove ogni euro è più efficacemente speso.

Questo lavoro è stato guidato dal fallimento dei governi mondiali nel realizzare le loro promesse. Negli Obiettivi globali delle Nazioni Unite, tutti i paesi del mondo in vista del 2030 hanno fatto promesse stravaganti su quasi qualunque agenda. Quest’anno, siamo giunti a metà del tempo fissato per quelle promesse, ma non siamo neanche lontanamente a metà percorso. Di questo piede, anche con molto ottimismo, raggiungeremo gli obiettivi con un ritardo di mezzo secolo come minimo.

Significa che il mondo deve iniziare a darsi delle priorità. Visto che non siamo in grado di garantire risultati su tutto ciò che abbiamo promesso, dovremmo forse cominciare dalle misure più efficaci. Un nuovo studio realizzato per il Copenhagen Consensus identifica dodici provvedimenti incredibilmente efficaci che potrebbero produrre enormi benefici a costi contenuti. Tra questi c’è una gestione intelligente delle migrazioni, soprattutto per l’impatto che avrebbe sulla riduzione delle disuguaglianze.

Consentire più migrazioni qualificate verso paesi che hanno bisogno di più forza lavoro qualificata potrebbe permetterci sia di aumentare la produttività che di ridurre le diseguaglianze. E i sondaggi tendono a suggerire che sarebbe politicamente più fattibile, poiché le migrazioni qualificate sono meno divisive delle migrazioni nel loro complesso.

Il nostro nuovo studio valuta l’impatto che avrebbe un aumento delle migrazioni qualificate, in particolare di medici e lavoratori dell’ambito Stem [acronimo per “science, technology, engineering, maths”, ndt].

Complessivamente oggi nel mondo ci sono circa 37 milioni di migranti qualificati. Di questi circa 9 milioni sono lavoratori Stem e circa 1 milione sono i medici. Tenete presente che il mondo ha appena 13 milioni di medici in totale, dei quali 235 mila sono in Italia.

Che cosa succederebbe se ogni nazione accettasse il 10 per cento di migranti qualificati in più dallo stesso mix di paesi d’origine che hanno già? È chiaro che i migranti stessi ne trarrebbero beneficio. Un medico che si trasferisse dai Caraibi o dall’America centrale agli Stati Uniti, per esempio, vedrà un drastico aumento di salario, stimabile in quasi 1,6 milioni di dollari. Ma i paesi riceventi, Stati Uniti inclusi, ne ricaverebbero un beneficio a propria volta: i medici specializzati occuperebbero le posizioni vacanti permettendo a medici meno specializzati o infermieri di tornare a occuparsi di quel che sanno fare meglio, ed è probabile che si assisterebbe a una crescita economica lievemente maggiore. Questo perché introdurre una maggiore diversificazione nei modi di pensare, di fare le cose e di affrontare i problemi può generare più innovazione, che porta crescita. I paesi riceventi potrebbero inoltre guadagnare un lavoratore qualificato senza sobbarcarsi i costi di una lunga e dispendiosa educazione.

Meno ovvio è che anche i paesi di origine dei migranti vedrebbero più benefici che costi. Spesso ci si concentra esclusivamente sul cosiddetto “drenaggio dei cervelli”, che costringe il paese a pagare per formare nuovi medici, mentre si abbassa la produttività dei medici che rimangono. La nuova ricerca però mostra che tali costi sarebbero più che compensati dal fatto che i migranti qualificati che partono apriranno nuovi canali aggiuntivi per il commercio, gli investimenti e la produzione che possono rafforzare i loro paesi natali. Inoltre questi migranti invieranno regolarmente a casa anche sostanziose rimesse, permettendo alle loro famiglie allargate di sostenere i costi di cose positive come un’educazione e una produttività migliori. Nel complesso, questi benefici probabilmente supererebbero i costi di circa due volte.

Globalmente i benefici complessivi per tutti sarebbero molto più alti dei costi. Se i costi totali nell’arco dei prossimi 25 anni ammonterebbero a circa 55 miliardi di dollari, i benefici raggiungerebbero il valore di quasi mille miliardi di dollari. Ciò significa che ogni dollaro speso in questa politica produrrà globalmente in termini di benefici sociali il considerevole valore di 18 dollari, destinato per lo più a vantaggio delle nazioni più povere del mondo.

La ricerca mostra che aumentare le migrazioni qualificate a livello globale offre una reale opportunità per combattere le diseguaglianze e incrementare la produttività mondiale. Se il mondo è in ritardo rispetto a quasi tutte le sue promesse, dovremmo forse concentrarci innanzitutto sulle misure più efficaci. Consentire più migrazioni qualificate dove necessario potrebbe essere una di queste.

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