
Benedetto XVI al ritorno da Cuba: «Solo Cristo può sconfiggere il male»
Il Papa, durante l’Udienza Generale di oggi, ha ripercorso il viaggio della settimana scorsa in Messico e a Cuba: «Sono stati giorni indimenticabili di gioia e di speranza, che rimarranno impressi nel mio cuore!». Benedetto XVI ha ricordato a tutti che i cristiani del Messico hanno resistito nella speranza nonostante gli attacchi del secolarismo e del relativismo. Durane la prima tappa nella città León, il Pontefice ha riconosciuto nella «fila interminabile di gente lungo le strade, che mi ha accompagnato con entusiasmo, in quelle mani protese in segno di saluto e di affetto, in quei volti lieti, in quelle grida di gioia», il segno della «tenace speranza dei cristiani messicani, speranza rimasta accesa nei cuori nonostante i momenti difficili delle violenze». La loro forza, ha proseguito Benedetto XVI, viene dalle radici cristiane che il popolo ha mantenuto nonostante le difficoltà. Un esempio che ci ricorda che «dalla gioia di essere cristiani e di appartenere alla sua Chiesa» nascono «anche le energie per servire Cristo nelle situazioni difficili e di sofferenza». È così che il Santo Padre ha «potuto esortare tutti a confidare nella bontà di Dio onnipotente che può cambiare dal di dentro, dal cuore, le situazioni insopportabili e oscure».
Dopo il Messico il Papa è giunto a Cuba dove ha esortato alla costruzione «di una società dove vi sia sempre più spazio per Dio, perché quando Dio è estromesso il mondo si trasforma in un luogo inospitale per l’uomo». Per questo, durante la Santa Messa presieduta nel piazzale principale dell’Avana, «ho voluto altresì ribadire che la Chiesa non chiede privilegi, ma di poter proclamare e celebrare anche pubblicamente la fede, portando il messaggio di speranza e di pace del Vangelo in ogni ambiente della società. Nell’apprezzare i passi finora compiuti in tal senso dalle autorità cubane ho sottolineato che è necessario proseguire in questo cammino di sempre più piena libertà religiosa». E «a tutti ho ricordato che Cuba e il mondo hanno bisogno di cambiamenti, ma che questi ci saranno solo se ognuno si apre alla verità integrale sull’uomo, presupposto imprescindibile per raggiungere la libertà, e decidere di seminare attorno a sé riconciliazione e fraternità, fondando la propria vita su Gesù Cristo: Egli solo può disperdere le tenebre dell’errore, aiutandoci a sconfiggere il male e tutto ciò che ci opprime».
Proprio come sta per accadere nell’imminente Triduo Pasquale: per questo, hadetto il Papa, è importante viverlo «con intensità», chiedendo di lasciarsi «trasformare dall’amore di Cristo morto e risorto per noi». È in questo momento che si vede più chiaramente l’amore di Gesù, che amò «i suoi che erano nel mondo. Li amò fino alla fine». Ma di che amore si tratta? Il Papa ha parlato dell’Agape verso cui «tutta la vita di Gesù è orientata». Una vita «caratterizzata da due aspetti che si illuminano reciprocamente: è l’ora del «passaggio» (metabasis) ed è l’ora dell’ “amore (agape) fino alla fine”. In effetti, è proprio l’amore divino, lo Spirito Santo di cui Gesù è ricolmo, che fa “passare” Gesù stesso attraverso l’abisso del male e della morte e lo fa uscire nello «spazio» nuovo della risurrezione. È l’agape che opera questa trasformazione, così che Gesù oltrepassa i limiti della condizione umana segnata dal peccato e supera la barriera che tiene l’uomo prigioniero, separato da Dio e dalla vita eterna». Ed è «partecipando con fede alle celebrazioni liturgiche del Triduo Pasquale» che anche noi «siamo invitati a vivere questa trasformazione attuata dall’agape». E così sperimentare che «ognuno di noi è stato amato da Gesù “fino alla fine”, cioè fino al dono totale di Sé sulla croce, quando gridò: “È compiuto!”. Lasciamoci raggiungere da questo amore, lasciamoci trasformare, perché veramente si realizzi in noi la risurrezione».
Twitter: @frigeriobenedet
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