Benedetto XVI, il Papa al servizio della Chiesa bimillenaria

Di Roberto Colombo
02 Gennaio 2023
Ratzinger non ha mai eretto sbarramenti né deviato il percorso di quel torrente ecclesiale che solo è capace di dissetare l’umanità esausta e ha le sue origini nel lago di Tiberiade
Benedetto XVI, Angelus, Città del Vaticano, 27 gennaio 2013 (Ansa)
Benedetto XVI, Angelus, Città del Vaticano, 27 gennaio 2013 (Ansa)

Sin dalle sue prime parole, pronunciate dalla loggia della basilica di San Pietro poco dopo l’elezione al soglio pontificio, il 19 maggio 2005, Benedetto XVI ha concepito e vissuto il suo ministero petrino come un servire la Chiesa nella sua bimillenaria storia di depositum fidei et morum: «Un semplice, umile lavoratore nella vigna del Signore». Conoscendo lo studioso, il Prefetto della Fede e il Santo Padre Joseph Ratzinger, vorrei aggiungere anche “instancabile” lavoratore.

Un ingegnere della fede

Mentre in queste ore tanti (troppi) parlano e scrivono della grandezza del suo pontificato, occorre riconoscere che la statura di un uomo di Chiesa è misurata dalla dedizione incondizionata al suo servizio così come essa gli viene consegnata (traditio). Certo, approfondendo, chiarificando, arricchendo e attualizzando la tradizione ben radicata nella Parola di Dio, ma con l’umile certezza di non essere chiamato ad altro che a viverla e farla (ri)vivere nell’alveo ininterrotto dove scorre il fiume della Verità e della Grazia che ci sono state rivelate in Gesù Cristo.

È stato un serio e intelligente “ingegnere della fede”, che – all’opera lungo un corso d’acqua dalla sorgente inesauribile – rafforza gli argini, riempie gli invasi, regola il deflusso e modula le paratie, Ratzinger non ha mai eretto sbarramenti né deviato il percorso di quel torrente ecclesiale che solo è capace di dissetare l’umanità esausta e ha le sue origini nel lago di Tiberiade, sulle cui rive Gesù chiamò Pietro, di cui egli è stato il 264esimo successore.

Ha servito la Chiesa e l’uomo

Come per la Samaritana al pozzo di Sicar, papa Benedetto ci ha fatto attingere «alla sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna» (Gv 4, 14). Non una bevanda inebriante da lui imbottigliata per rincorrere i gusti non genuini della modernità, ma l’acqua pura che continuamente rigenera il corpo di Cristo che è la Chiesa e lava le lordure del secolo presente così come di quelli passati.

E ha fatto questo con umiltà e amore verso tutti, sorridendo insieme ai santi che lodano Dio e piangendo con i peccatori che si convertono, praticando la misericordia prima di predicarla. Benedetto XVI non si è servito della Chiesa per affermare o diffondere un suo pensiero, una sua concezione della Chiesa e del mondo. Ha servito la Chiesa e l’uomo, «la via della Chiesa, via che corre, in un certo modo, alla base di tutte quelle vie, per le quali deve camminare la Chiesa, perché l’uomo – ogni uomo senza eccezione alcuna – è stato redento da Cristo, perché con l’uomo – ciascun uomo senza eccezione alcuna – Cristo è in qualche modo unito, anche quando quell’uomo non è di ciò consapevole» (Giovanni Paolo II, Lett. enciclica Redemptor hominis, 14).

Collaborare all’opera di Cristo

Dalla sua elezione sino alla rinuncia al ministero, la sua cattedra è stata la cattedra di Pietro, non quella del teologo Ratzinger, che ha continuato a farsi sentire, ma con la precisa e necessaria distinzione, come da lui stesso esplicitato nel volume Gesù di Nazaret, pubblicato nel 2007. Chi lo ha ascoltato e letto negli anni del suo pontificato, ha avuto la grazia e la gioia di ascoltare la voce di Gesù che non tramonta e la voce della Chiesa di sempre. Chi ha collaborato con lui e ha lavorato per lui ha percepito incisivamente, in modo commovente, di collaborare all’opera di Cristo e di lavorare per il regno di Dio.

Benedetto non è “sceso dalla croce” il 28 febbraio 2013 (come qualcuno improvvidamente ha detto), ma ha continuato a “portare la croce” sulle sue spalle sempre più deboli, finché essa si è impressa nella sua carne, lo ha unito Cristo sofferente e morente, per il bene di ciascuno di noi e della Chiesa, che ha servito usque ad consummationem vitae. Siamo grati a Dio, prima ancora che a papa Ratzinger, per avercelo donato (e fatto conoscere personalmente, per chi avuto questa gioia). Ora lo affidiamo a Dio perché consegni a lui il premio eterno dei “servi buoni e fedeli” (cf. Mt 25, 23).

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