Benitez, Leonardo e Gasperini: ultimi tonfi della gestione Moratti

Di Carlo Candiani
24 Febbraio 2012
Ultima puntata della Moratteide, epopea di un presidente che non capisce niente di calcio. La storia lascia il posto all'attualità e alla cronaca

23 dicembre 2010: un comunicato stampa sul sito ufficiale dell’Inter annuncia il divorzio tra la società e l’allenatore Rafael Benitez. Il sodalizio è durato sette mesi, un tempo ridicolo per una grande squadra: l’ennesimo gesto istintivo degno di un presidente di una squadra provinciale per Moratti, che non sorprende neanche più un tifoso interista attento alla storia della gestione morattiana.

24 dicembre 2010: sempre sul sito ufficiale dell’Inter, viene ufficializzato all’universo mondo che il nuovo allenatore nerazzurro sarà il brasiliano Leonardo. Sorpresa e sgomento! Sorpresa da parte dei media: Moratti decide di far allenare la squadra interista ad un uomo targato Milan, cioè ad un ex giocatore milanista, rimasto per anni nell’ambiente rossonero come osservatore, all’interno della struttura societaria (Kakà, Pato e Thiago Silva sono giocatori arrivati in Italia grazie a lui). Inoltre Leonardo, è stato nella stagione precedente allenatore della squadra della famiglia Berlusconi, ottenendo buoni risultati con un team in disarmo, raggiungendo il terzo posto in campionato, ma attirandosi le critiche del padrone di casa, tanto da prendere il cappello e andarsene, senza fare polemica, alla fine della stagione.

Anche se ormai da mesi fuori dall’orbita Milan, la decisione di Moratti e la disponibilità finale di Leonardo, viene accolta da quegli “sportivoni” del Milan come un tradimento. Si potrebbe aprire una corposa parentesi per spiegare come mai ingaggiare Ibra sotto il naso dell’Inter è un legittimo atto di professionalità sportiva, mentre l’assunzione di un tuo ex allenatore è un’offesa ai propri colori. Ma andiamo avanti. Con Leonardo alla guida della squadra nerazzurra, Moratti vuole (o vorrebbe) aprirsi ad un nuovo stile di conduzione manageriale e la figura elegante del brasiliano ha tutti i crismi per poterla realizzare. Già profondo conoscitore dei meccanismi del campionato italiano, Leonardo dà una sferzata di autostima alla squadra. Il presidente fa la sua parte, comprando sul mercato di gennaio quei rinforzi tanto desiderati da Benitez e mai accordati all’allenatore stesso. Arrivano il giovane, ma già in nazionale, Ranocchia, difensore centrale dal Genoa, il difensore d’ala giapponese Nagatomo, il centrocampista marocchino Kharja ma soprattutto il centravanti della Sampdoria, Pazzini.

L’innesto di questi giocatori dà nuova linfa al gioco interista che partendo dall’iniziale vittoria sul Napoli, dopo la pausa natalizia, recupera punti su punti alla capolista, il Milan, fino ad arrivare ad appena due lunghezze dai cugini proprio alla vigilia del derby di ritorno. L’ambiente interista è esaltato dal nuovo protagonismo della squadra, che si trova in corsa ancora in tutti e tre gli obiettivi di stagione: campionato, Champions, coppa Italia e già prefigura nuovo orizzonti di vittorie. Ma un destino crudele si abbatte sui sogni di gloria interisti. Il derby, che sarà decisivo per la vetta della classifica, parte con brutti segnali che arrivano dalla tifoseria rossonera, che tira di nuovo fuori il presunto tradimento di Leonardo, che verrà accolto dall’inizio di partita con bordate di fischi e striscioni ingiuriosi. Davanti a tanta arroganza e mancanza di etica sportiva, la risposta dell’allenatore brasiliano è così pacata, che anche i suoi allenati scendono in campo senza grinta e lasciano sul prato i sogni di poter ritornare a condurre il campionato: infatti in una partita senza storia, il Milan ricaccia i nerazzurri a -5, vincendo agevolmente 3-0.

Brutti nuvoloni si addensano sulla testa di Leonardo: da una parte lo scherno perfido dei milanisti, dall’altra la delusione dei tifosi nerazzurri. È un dato di fatto che per tre volte consecutive (due sulla panchina rossonera e una su quella interista), viene sconfitto in un derby. Per l’Inter è un ritorno alla cruda realtà: la partenza problematica con Benitez, gli infortuni, le tossine accumulate dalla stagione precedente, la mancata vacanza per i nazionali al ritorno dal Sudafrica, la rincorsa a perdifiato sul Milan, sostenuta più dai nervi che da un gioco ritrovato, si infrange definitivamente qualche giorno dopo nella partita di andata dei quarti di Champions contro lo Schalke 04, una modesta squadra tedesca salutata come avversaria assolutamente comoda per poter proseguire il cammino internazionale. Oltretutto, dopo avere superato nel turno precedente lo scoglio Bayern Monaco, una sorta di revival della finale di Madrid, con un ritorno in terra tedesca esaltante per i nerzzurri, che eliminano i tedeschi con un tiro fulminante all’88’ di un giocatore interista fino ad allora “non pervenuto”: Goran Pandev.

Una classica impresa “stile Inter”, che risulterà ingannevole sulle reali condizioni psico-fisiche della squadra: relegato il derby come una serata storta e nulla più, l’Inter scende in campo, forse con un po’ di sufficienza. Atteggiamento che sembra giustificato da un inizio folgorante: Stankovic trova il gol dopo appena un minuto dal fischio d’inizio e la squadra pregusta già le semifinali. Ma i conti sono sbagliati: dopo aver pareggiato al 17’, lo Schalke dilaga e alla fine davanti agli sguardi attoniti e increduli di giocatori, allenatore, presidente, dirigenti e tifosi (allo stadio e a casa), il risultato è inequivocabile: Inter – Schalke 2-5. La batosta è impressionante: c’è chi ricorda che fu proprio lo Schalke a togliere all’Inter, durante la gestione Hodgson, il gusto della vittoria in casa, in una finale di Coppa Uefa.

Un particolare statistico che non consola: malgrado tanti proclami di una improbabile impresa, l’Inter sbaglia anche al ritorno, perde 2-1 e abbandona la Champions a testa bassa. È ufficiale : l’Inter di Mourinho non esiste più! A nulla serve il contentino della vittoria nella finale di Coppa Italia contro il Palermo, sconfitto da due gol del bomber che da solo ha tenuto in piedi la baracca interista: Samuel Eto’o, un grande di livello mondiale. Il secondo posto in campionato e quindi l’automatico accesso alla Champions League, però, non riescono a far dimenticare i dieci giorni terribili tra derby e Schalke e quest’ombra graverà sulle decisioni di Moratti, che non vuole rinnovare la fiducia a Leonardo, che improvvisamente all’inizio del rompete le righe vacanziero, quando si decidono le strategie del calcio mercato, dichiara finita la sua avventura all’Inter, dopo una serie di conferme e smentite piuttosto stucchevoli, per diventare Direttore sportivo del Paris St.Germain, società da poco rilevata da una cordata di sceicchi arabi.

Una vicenda, ancora avvolta nel mistero, squarciato solo da una conferenza stampa dello stesso Leonardo, qualche settimana dopo. Intanto, l’Inter gestione Moratti ripiomba nella naturale condizione di confusione dirigenziale, che ha abituato i tifosi, ormai da 17 anni, cioè da quando il petroliere si è insediato nell’ufficio di via Durini. È appunto nelle nebbia totale che la società, dopo aver scandagliato la disponibilità di una schiera lunghissima di allenatori, più o meno liberi, ricevendo sdegnati dinieghi, ripiega su tal Gasperini, ex allenatore delle giovanili juventine e ultimamente cacciato dal Genoa. Tutti sanno come è andata a finire, dopo non più di un mese dalla partenza della stagione.

Si conclude qui, per ora, questa “Moratteide”. Naturalmente, continueremo a monitorare l’avventura morattiana in casa Inter, ora che la storia cederà il passo all’attualità della cronaca.

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