La preghiera del mattino

Riuscirà Beppe Grillo a farci ingoiare l’idea di una Cina pacificatrice?

Beppe Grillo e Luigi Di Maio
Beppe Grillo con il ministro degli Esteri del M5s Luigi Di Maio (foto Ansa)

Su Strisciarossa Paolo Soldini scrive: «S’era detto alla vigilia che quella di ieri sarebbe stata una giornata decisiva per le sorti della guerra in Ucraina. Per molti versi lo è stata e purtroppo quello che è emerso dai due appuntamenti in agenda, la missione a Mosca del segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres e il “conclave” dei ministri della Difesa e dei vertici militari nella base americana di Ramstein, non offre alcuna ragione per essere ottimisti. Non è tempo di negoziati: la guerra è destinata a durare ancora a lungo e dovrebbe diventare anzi ancora più violenta e sanguinosa, con l’uso di armi sempre più micidiali e la possibilità, tremendamente concreta, che un incidente, una mossa non calcolata o l’atto di follia di qualche ufficiale sul campo porti l’escalation al suo esito fatale».

La via dell’escalation è inevitabile?

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Sulla Zuppa di Porro Giuseppe De Lorenzo scrive: «Nella Nato si sono creati due schieramenti. Da una parte Usa, Gran Bretagna e paesi dell’Est Europa, pronti ad andare al muro contro muro con Vladimir Putin. Dall’altra le più concilianti Francia e Germania, uscite però sconfitte da questo duello. Le dichiarazioni degli ultimi due giorni lo dimostrano. E sono un allarme sulla tenuta della pace nel mondo intero, non solo una mannaia sulle speranze di pace in Ucraina (i negoziati, per dire, ormai sono scomparsi dai radar). Dopo la visita a Volodymyr Zelensky, il segretario di Stato Usa, Antony Blinken, e il capo del Pentagono, Lloyd Austin, hanno per la prima volta ammesso che lo scopo americano non è tanto, o non solo, la pace in Ucraina. Ma “indebolire Mosca a un livello tale” che non possa avviare nuove guerre».

L’unica via per uscire dalla crisi ucraina è disgregare la Russia?

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Su Scenari economici Giuseppina Perlasca scrive: «Olaf Scholz quindi cerca di soddisfare le richieste degli alleati interni e esterni con il minimo sforzo. Il “Gepard” è un mezzo vecchiotto, su chassis del Leopard 1, in deposito della Bundeswehr, ma messo fuori servizio attivo da 10 anni, armato con due cannoni da 30 mm e che era studiato come mezzo antiaereo e soprattutto antielicottero. Solo che con i moderni missili aria-terra rischia di essere poco utile, oltre che complesso da utilizzare. In questo modo Scholz fa anche felice l’ala filorussa del suo partito che vuole sabotare l’invio di aiuti militari».

Quanto può durare una convergenza tra chi vuole l’escalation e chi cerca di trovare un’altra via di uscita?

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Su First online Riccardo Peressich scrive: «Il sistema elettorale perverso e distorsivo di maggioritario con ballottaggio rende aleatoria ogni previsione. Ci sono fondamentalmente tre scenari possibili. Il primo è che Emmanuel Macron riesca a far giocare l’abituale effetto di traino che ha spesso assicurato al presidente rieletto una maggioranza in Parlamento. Allo stato attuale sembra il meno probabile. Uno degli errori di Macron, che De Gaulle e i suoi successori non avevano mai commesso, è stato di non preoccuparsi di avere un partito vero su cui appoggiarsi. En Marche era e resta un partito di plastica, con poco o scarso radicamento sul territorio. La migliore speranza di avere una maggioranza “presidenziale” in Parlamento è di poter contare su un consistente contingente di forze amiche, di destra o di sinistra moderate. Un’ipotesi non molto lontana da quella che sostiene oggi Draghi in Italia».

Quanto Marine Le Pen e Jean-Luc Mélenchon influenzeranno il prossimo parlamento francese dopo le elezioni politiche di giugno e quindi anche la politica estera del prossimo governo francese?

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Su Formiche Otto Lanzavecchia scrive: «La Russia avrebbe interrotto completamente il flusso di gas verso la Polonia, lo stesso giorno (martedì 26 aprile, ndr) in cui Varsavia ha reiterato che non avrebbe pagato il gas in rubli. A riportarlo è il sito di notizie polacco Onet.pl, che cita una fonte governativa e la conferma di Pgnig, la compagnia di gas più importante del paese. Secondo Interfax i flussi sono fermi dalla mattina. I rumours hanno provocato un’impennata dei titoli del gas sul mercato europeo: secondo Bloomberg alcuni contratti di fornitura sono schizzati del 17 per cento».

La via dell’escalation sarà imboccata solo dal fronte guidato dagli Stati Uniti?

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Sulla Nuova Bussola quotidiana Soaud Sbai scrive: «L’incaricato d’affari degli Stati Uniti per l’Afghanistan, Ian McCary, di stanza a Doha, si è detto “profondamente turbato” dalla decisione “molto deludente” dei talebani, in contraddizione con dichiarazioni rilasciate in precedenza in cui si prometteva un pronto ritorno delle bambine a scuola. Nell’ultimo caso, la data prospettata era subito dopo il 21 marzo, terminate le celebrazioni per il Nawruz, il capodanno afghano. Poi la marcia indietro, e c’è da scommettere che dinamiche simili si ripeteranno frequentemente in futuro anche in ambiti diversi».

Ci si può fidare della capacità strategica degli americani di risolvere le crisi?

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Su Huffington Post Italia Gabriele Carrer scrive: «L’Occidente si era illuso di aver portato l’India dalla sua parte. Ma la guerra di Putin in Ucraina sembra aver allontanato le parti».

Si può criticare Nuova Delhi per le sue perplessità sul fatto che disgregare la Russia sia la via per trovare equilibri internazionali meno burrascosi?

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Sul sito di Tgcom si scrive: «Il presidente russo Vladimir Putin ha avuto una conversazione telefonica con il principe ereditario saudita Mohammad bin Salman, durante la quale le parti hanno espresso l’impegno per “un ulteriore sviluppo delle relazioni bilaterali”. Russia e Arabia Saudita sono i due paesi leader nell’Opec, organizzazione di paesi esportatori di petrolio. Gli Stati arabi maggiori produttori di greggio fanno parte del fronte di paesi che non hanno aderito alle sanzioni contro la Russia (e tra questi ci sono Cina, India, gli Stati dell’America Latina e dell’Africa e Israele)».

E va criticata anche Riyad?

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Su Formiche Francesco Bechis scrive: «Entro il 2024 l’Italia riceverà dall’Algeria quasi 9 miliardi di metri cubi di gas in più all’anno. Presenti alla firma l’ad dell’Eni Claudio Descalzi e il presidente della società algerina Sonatrach Toufik Hakkar. L’aumento delle forniture nel medio-lungo periodo può fare di Algeri il primo partner energetico dello Stivale ed è stato salutato da Mario Draghi come “un passo significativo per liberarsi dalla dipendenza dalla Russia”. Le cose però sono un po’ più complicate. Perché l’Algeria non solo resta un partner energetico chiave della Russia, ma intende rilanciare le forniture con Mosca. A ribadirlo in una telefonata di lunedì sera, per l’occasione dei sessant’anni di relazioni bilaterali, Vladimir Putin e il presidente Abdelmadjid Tebboune. I due paesi, riferisce un comunicato del Cremlino, “hanno confermato la loro intenzione di continuare il coordinamento bilaterale nel formato Opec Plus e nel quadro del Forum dei paesi esportatori di gas per assicurare la stabilità dei mercati energetici globali”. Del gas non si fa cenno invece nella nota diffusa dal governo algerino, che si limita a esprimere “soddisfazione per i progressi registrati dalla cooperazione bilaterale in tutti i campi” e ad invocare una “soluzione politica” per la guerra in Ucraina”».

Ci si può affidare ad Algeri per salvarsi da Mosca?

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Sul blog di Beppe Grillo Fabio Massimo Parenti, foreign associate professor di Economia politica internazionale alla China Foreign Affairs University di Pechino, scrive: «La Cina, con l’estensione delle nuove vie della seta a più di 140 paesi, è divenuta la principale promotrice di una globalizzazione inclusiva ed il primo polo economico mondiale senza mai indulgere ad espansione militare, guerre di invasione, strategie di “blocco”, imposizione di modelli. La pace si costruisce con gli scambi culturali, il dialogo e il commercio. Più quest’ultimo cresce, più ci saranno scambi tra persone – i vettori culturali per eccellenza – più aumenterà la conoscenza reciproca e quindi il coordinamento politico necessario alla coesistenza pacifica».

Riusciremo nel capolavoro di valorizzare la funzione pacifica di Pechino, come fa spiegare nel suo blog da un professore italiano di un’università cinese Beppe Grillo, cioè l’ispiratore di quello che è ancora il partito di maggioranza relativa in Parlamento e di cui fa parte il ministro degli Esteri Luigi Di Maio?

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