
Berlusconi non ha infierito sul caso Mastrogiacomo perché sa che la politica del governo è già morta
Berlusconi ha dato ordine di non incalzare il governo sulla conclusione del sequestro Mastrogiacomo. Quello che l’esecutivo aveva fatto era già in realtà tale da squalificarlo pienamente come paese occidentale. Fini però ha fatto bene a ricordare le dichiarazioni del presidente afgano Karzai, secondo cui Prodi avrebbe dichiarato che, se Mastrogiacomo fosse stato assassinato, decapitato, sarebbe caduto il governo italiano e sarebbe stata messa in crisi la presenza delle truppe italiane in Afghanistan.
È apparso così chiaro che i soldati italiani in Afghanistan sono visti dal governo come puri mercenari; rischiano la vita, non per una missione politica, la lotta contro il terrorismo, ma solo per la convenienza del governo. Il quale per di più sceglie un amico dei talebani per trattare con i talebani. Indica loro la sua posizione neutrale attraverso la parzialità di Gino Strada che è mediatore con i talebani perché loro amico. Ed è così, in questo modo, che il governo italiano ottiene da quello afgano la scarcerazione di alcuni talebani. A insistere su questa linea di battaglia si poteva andare ben oltre; ma si può far cadere un governo sulla politica estera? Per questo rispetto della patria, della nazione e dello Stato, Berlusconi non è andato oltre. Sa che il governo è morto perché è morta la politica che lo sostiene.
L’Unione litiga sulle sigle: socialisti, comunisti, cattolici, centristi, democristiani etc, e prevede una fusione a freddo tra identità ormai spente e, appunto perché morte, interamente componibili. Berlusconi aveva costretto la politica italiana a parlare della realtà, dalla disoccupazione giovanile alle tasse, alle grandi opere. Quella era politica, parlava dell’Italia che entrava nel mondo globale in cui si scontrano culture, economie, civiltà. Ha tentato di far parlare di cose della vita. Oggi la politica parla di cose morte, rimesta i cadaveri. Ed è sconfortante vedere il cadaverico Fassino andare a Mosca per commemorare i morti comunisti italiani uccisi da Stalin. Per far dimenticare che la sua tradizione politica è stata stalinista.
Ma nessuno glielo chiede. Gli italiani sono ormai annoiati dalle purificazioni della memoria che funzionano come assoluzioni postume. Non mi piacque quella di Giovanni Paolo II sulle crociate, che furono una buona azione; figuriamoci quella di Napolitano sui morti dell’insurrezione ungherese. La storia giudica e non assolve. Le purificazioni della memoria sono rassicurazioni postume dell’innocenza perduta.
bagetbozzo@ragionpolitica.it
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