Bobbio, la storia va raccontata per intero

Di Gianni Ferrari
12 Giugno 2012

Norberto Bobbio è stato un grande della cultura e della politica italiana. In questi giorni di anniversari dell’assassinio dei fratelli Rosselli e di Matteotti, vedo accostare il suo nome quale prosecutore, filosofico, di un socialismo riformista e liberale. Può darsi. Certamente il giudizio umano lo differenzia sia dagli stessi Rosselli (imprigionati prima, esuli e assassinati poi) sia da Giacomo Matteotti che, in un parlamento oramai in mano fasciste, con la milizia che controllava il paese, non ebbe timore di levare la sua voce chiedendo l’annullamento delle elezioni, falsate dalla violenza e dalle intimidazioni fasciste (discorso che gli costò la morte proprio per mano fascista).

Un anno dopo le leggi razziali, esattamente il 3 marzo 1939, Bobbio giurò fedeltà al fascismo per poter ottenere la cattedra all’Università di Siena. E ri-giurò ancora nel 1940, a guerra dichiarata, per insediarsi sulla cattedra del professor Adolfo Ravà, allontanato dall’Università di Padova perché ebreo. Inoltre scrisse e fece scrivere ulteriori ed analoghe lettere di perorazione alla propria causa, emerse molti anni dopo. Poi, ve detto, se ne pentì, ma questo non toglie che il suo nome – pur con tutta la comprensione del caso e di quei difficili momenti – non possa essere accostato a quello di altri, che, sebbene in medesime difficili situazioni, fecero altre scelte.

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