Brasile. La sfida tra Lula e Bolsonaro si gioca sotto il colpi della censura (pro Lula)

Di Paolo Manzo
27 Ottobre 2022
Fanno discutere le interferenze del Tribunale supremo elettorale brasiliano sulla corsa verso il ballottaggio del 30 ottobre che zittisce o multa chi parla male del candidato di sinistra
Lula Bolsonaro Brasile
Dibattito televisivo tra Lula e Bolsonaro, lo scorso 16 ottobre (foto Ansa)

Secondo i sondaggi Lula vincerà le elezioni presidenziali in Brasile, il prossimo 30 di ottobre, con un vantaggio che varia dallo 0,4 all’8 per cento. Il motivo di questa tendenza, nonostante le evidenze della Lava Jato, la Mani Pulite brasiliana, è soprattutto uno di cui poco si è parlato pubblicamente tra gli analisti, ovvero la realtà aumentata. Di che si tratta? È in estrema sintesi l’arricchimento della percezione sensoriale umana mediante informazioni, in genere manipolate e convogliate dai media online, non percepibili con i cinque sensi. Certo, c’è anche la censura, come denunciato dal Wall Street Journal il 24 ottobre scorso, grazie ai super poteri del presidente del Tribunale supremo elettorale brasiliano (TSE)  guidato da un giudice, Alexandre de Moraes, su cui persino il New York Times, lo scorso 21 ottobre, ha espresso più di un dubbio.

La censura pro Lula del TSE

Censura che impedisce oggi ai media brasiliani di definire Lula un “ex condannato” e, tantomeno un “ladrone”, il termine più usato dal presidente Jair Bolsonaro per inquadrare il rivale sino a prima del divieto. Censura che, soprattutto, ha impedito la pubblicazione di reportage e documentari basati su fatti veri ma non graditi alla narrativa lulista.

Nelle ultime settimane è stato infatti censurato un quotidiano prestigioso come Gazeta do Povo solo per avere scritto l’ovvio dopo l’appoggio su Twitter dato a Lula dal dittatore del Nicaragua, Daniel Ortega, ovvero che i due condividono lo stesso “modello politico”. Non è stata invece censurata da parte del TSE la dichiarazione di Lula il quale ha detto che «Bolsonaro è un dittatore molto peggiore» del sandinista, aggiungendo che se il popolo del Nicaragua è deluso dal suo leader lo può mandare a casa “con il voto” e di essere orgoglioso di avere partecipato alle celebrazioni della vittoria sandinista nel 1980.

Lula “ex condannato”? No. Bolsonaro “genocida”? Sì

Se è dunque vietato scrivere che l’ex presidente è un “ex condannato”, pena incorrere in multe salatissime e finire nel penale, consentito è invece dare del “genocida” e del “pedofilo” quando ci si riferisce al candidato destrorso, conservatore che, però, per i censori verde-oro non può invece essere chiamato, bontà loro, “cannibale”.

Censurato anche il sito O Antagonista, colpevole di avere pubblicato un’intercettazione, per la cronaca vera, autorizzata e fatta dalla polizia federale, del leader del principale gruppo criminale brasiliano, Marcola del Primeiro Comando da Capital (PCC), in cui diceva che per loro sarebbe meglio una vittoria di Lula, pur essendo quest’ultimo un imbroglione (“pilantra”, più raffinato di “ladrão”), perché Bolsonaro è vicino alla polizia e alle milizie (non propriamente un complimento, essendo le milizie criminali efferati, ma visto che chiamare “miliziano” Bolsonaro è lecito, poco importa).

La censura potrebbe essere controproducente

La Costituzione brasiliana vieta la censura e, paradossalmente, la sfacciata repressione della libertà di parola da parte del tribunale, che ha anche censurato la seguitissima radio Jovem Pan, colpevole di non avere «isonomia informativa», ovvero di appoggiare il candidato conservatore. Ecco perché potrebbe persino essere controproducente per Lula, come sostengono giornalisti autorevoli e imparziali come Dora Kramer.

La tecnica della “realtà aumentata” pro Lula

Ben più efficace, però, è la cosiddetta tecnica della “realtà aumentata”, ovvero l’amplificazione e l’esagerazione “pilotata” di determinate notizie da parte di alcuni importanti giornali e siti del paese apertamente schierati a favore di Lula: dal finanziamento di sondaggi poi rivelatisi clamorosamente errati (davano Lula vincente al primo turno), all’enfatizzazione del linguaggio (spesso semplicistico e banale) di Bolsonaro arrivando a teorizzare un suo possibile colpo di stato in caso di sconfitta alle urne.

Sicuramente Bolsonaro fa molto per farsi criticare. Qualche esempio? Ha detto che non aveva neanche una foto con l’ex deputato Roberto Jefferson, che domenica scorsa ha sparato 50 colpi di fucile e lanciato tre granate contro la polizia che lo stava per arrestare (su ordine di De Moraes per avere dato della “strega di Blair” e “Carmen Diavolessa” ad una giudice della Corte Suprema, tal Carmen Lucia). Sono passati pochi minuti dalla sua dichiarazione ed ecco pubblicate ovunque foto risalenti al 2020 di Bolsonaro con Jefferson, ora accusato di quadruplice tentato omicidio e detenuto a Bangú 8, un supercarcere carioca.

Chi denuncia la censura in Brasile? Quasi nessuno

Un altro esempio? Avere fatto intendere che un gruppo di minorenni venezuelane ospiti di una ong fossero delle prostitute. Ong che lo stesso presidente aveva visitato nell’aprile del 2020, per esprimere solidarietà agli oltre 7 milioni di profughi fuggiti dalla dittatura di Maduro. Già, Maduro: un altro amico e alleato di Lula, come dimostra questo suo video del 2013, quando l’ex presidente brasiliano appoggiò convinto e commosso la sua candidatura, pur già essendo nota a tutti la deriva dittatoriale del chavismo.

Nessun grande media parla di tutto ciò, con l’eccezione del giornalista brasiliano Diego Escosteguy, che sul sito di notizie O Bastidor ha scritto che il TSE di De Morães si è attribuito il potere di «arbitrare ciò che è vero o falso nel dibattito politico» e di «sospendere account, profili e canali» e bandire i brasiliani da “intere piattaforme”, censurando persino un ex presidente della Corte Suprema, Marco Aurelio Mello, perché aveva osato dire la verità, ovvero che Lula non è mai stato assolto. Certo, la cosa fa arrabbiare il favorito dai sondaggi ma non per questo è una fake news.

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