C’è una speranza inaudita nel diario di Etty, giovane ebrea destinata ad Auschwitz

«L’ordine arriva di notte, poche ore prima della partenza del treno», scrive nelle sue Lettere (Adelphi) Etty Hillesum, giovane ebrea olandese morta in un lager. Il treno è quello che ogni notte dal campo di raccolta di Westerbork porta ad Auschwitz mille ebrei. La Hillesum, arruolata come assistente nel campo da quel famigerato Consiglio ebraico che stabiliva le “liste di partenza”, vede donne e bambini e malati stiparsi nei carri bestiame, le mani che al fischio della locomotiva si sporgono fuori dalle fessure dei vagoni come di uomini che stanno per annegare. Ciò che ti ammutolisce di queste Lettere è la scrittura semplice, come di cronaca, con cui una giovane ebrea, profondamente certa di un Dio nonostante tutto buono, racconta. Il suo sguardo sembra quello dei bambini che, dalla finestra di una baracca, assistono alle deportazioni dei genitori: l’innocenza che fronteggia il Male, e non arretra.
«Nel lavatoio c’è una piccola donna che regge sul braccio una bacinella di bucato ancora gocciolante. Si aggrappa a me, ha l’aria un po’ spiritata. Mi riversa addosso un fiume di parole: “È impossibile, com’è possibile, devo partire e non riesco nemmeno a far asciugare il mio bucato per domani. E il mio bambino è malato, ha la febbre, non potrebbe fare in modo che non debba partire? E non ho nemmeno abbastanza vestiti per il bambino. (.) E ci si può portare una sola coperta, avremo un gran freddo, o pensa magari di no? E lasceranno i bambini con le mamme?”».
Vecchi malati che recitano da soli la preghiera ebraica dei moribondi, serate di cabaret in cui gli stessi prigionieri vengono applauditi dal comandante di Westerbork – costretti a far ridere, alla vigilia della deportazione – ma anche giovani donne che passano le ultime ore davanti a uno specchio, depilandosi le sopracciglia. C’è una umanità sbalordita davanti al suo patibolo, nel diario della ragazza ebrea che sa che il prossimo treno caricherà lei e i suoi genitori.
Sappiamo tanto di ciò che accadde ad Auschwitz, ma non avevamo mai letto con questa straziante limpidezza i pensieri degli uomini chiamati dall'”ordine della notte”. Ciò che sbalordisce nell’inferno è però che la Hillesum non sia disperata. E non solo perché, come tutti, di notte guarda gli aerei degli Alleati, pregando che una bomba spezzi i binari, fermi i treni. Ancora cinque giorni prima di partire scrive: «La vita è meravigliosamente buona nella sua inesplicabile profondità». E dal suo treno lancia una cartolina: «Siamo partiti cantando». Ti viene in mente Benedetto XVI nel Gesù di Nazaret: «È sceso nell’abisso della morte, nella notte dell’abbandono, nell’essere in balia che è proprio degli inermi». Negli appunti scarni di una giovane ebrea verso Auschwitz, l’eco cristiana di un sacrificio accettato e offerto. Dal fondo dell’abisso, il mistero di una speranza inaudita.

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