Calcio e lezioni di Corano. Così la Nigeria de-radicalizza gli ex terroristi di Boko Haram

Di Leone Grotti
12 Settembre 2015
Ecco come si cerca di rieducare i terroristi in prigione. Uno dei detenuti dichiara: «Quando ho capito che avevo rovinato la mia vita mi sono messo a piangere»
epa04403951 Nigerian soldiers display one of the captured Boko Haram armoured vehicles as they drive it through Maiduguri, Nigeria, 17 September 2014. The Nigerian military is currently engaged in opperations against Boko Haram insurgents and says it has killed more than one hundered Boko Haram militants in their defence of Konduga in north eastern Borno state. Boko Haram has waged a terror war in Nigeria for over five years and has been trying to establish a caliphate in Borno since 2009. EPA/Tony Nwosu

In una prigione della Nigeria, di cui non può essere rivelata l’esatta località per motivi di sicurezza, tutte le mattine si giocano partite di calcio da sei contro sei, verdi contro gialli. Non è per far svagare i detenuti ma per aiutarli a de-radicalizzarsi dopo aver militato nei ranghi di Boko Haram.

SPORT BANDITO. All’inizio, pochi dei 45 detenuti speciali del carcere partecipavano, perché il gruppo jihadista che devasta dal 2009 la Nigeria e che ha appena rapito un altro sacerdote, padre Gabriel Oyaka, bandisce ogni tipo di sport. «Dopo aver visto gli altri che tornavano eccitati e soddisfatti, però, hanno cominciato a partecipare», dichiara alla Bbc Emmanuel Osagie, membro del team incaricato di recuperare alla società gli ex terroristi.

«NON LI CONSIDERAVO ESSERI UMANI». Il portiere della squadra gialla sta cominciando a cambiare visione del mondo. «Quando sono arrivato qui, non accettavo ordini dai miei carcerieri. Litigavo sempre con loro. Non li consideravo come esseri umani». L’uomo, arrestato a un check-point quattro anni fa, rivela: «Amavo la mia religione e quando Mohammed Yusuf (ex leader di Boko Haram, a cui è succeduto Abubakar Shekau, ndr) è venuto a predicare nel mio villaggio l’ho seguito».

«MI SONO MESSO A PIANGERE». Pur affermando di non aver mai usato un’arma, insiste di aver sempre desiderato combattere il jihad e la guerra santa. Ora, dopo aver parlato con diversi imam in carcere, afferma di essere cambiato: «Quando gli imam venivano in prigione, pensavo fossero degli ipocriti e li insultavo. Ma loro hanno perseverato, ho iniziato a rispettarli perché mi rispettavano: mi hanno fatto capire che mi stavo sbagliando. Quando ho capito che avevo rovinato la mia vita mi sono messo a piangere. I miei fratelli hanno moglie e figli. Anch’io adesso voglio rifarmi una vita».

VISITE DEGLI IMAM. Le visite in cella di imam e sacerdoti servono a dare una diversa idea di religione ai prigionieri. «È importante insegnare loro la religione, anche il cristianesimo. Un sacco di bambini imparano a memoria il Corano e basta, invece bisogna capire il senso di ciò che si impara. Bisogna anche insegnare loro a tollerare le altre fedi», spiega la psicologa Fatima Akilu.

«SHEKAU, L’OSTINATO». Alcuni dei detenuti hanno una militanza più recente in Boko Haram e hanno conosciuto l’attuale leader, Shekau: «È un uomo davvero ostinato. Anche se un uomo porta una maglietta nera, lui può dire che è bianca e tu non riuscirai mai a fargli cambiare idea. È sotto la sua leadership che il movimento è diventato così violento ed estremista, non hanno alcun rispetto per la vita umana. Io, da parte mia, volevo solo combattere le bugie e l’oppressione del governo».

@LeoneGrotti

Foto Ansa

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1 commento

  1. yoyo

    Togli il Corano e quella che viene fuori è la formula degli oratori: Dio e gioco gioioso e leale. Il modello rimaniamo noi.

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