Sul cambiamento climatico la scienza ha sempre ragione. Tranne quando non dà ragione ai giornali

Di Redazione
04 Giugno 2023
Gli esperti non trovano una correlazione diretta tra piogge estreme in Romagna ed effetto serra. Panico nelle redazioni che scatenano la guerra preventiva ai negazionisti. Agitando un Vangelo delle complessità a cui manca solo la Parola di Occhetto

«Il cambiamento climatico non può essere una scusa, né una scorciatoia. È uno dei fattori che ci rendono più vulnerabili. Non ha colpe, siamo noi ad averle» (Stampa). «In Emilia-Romagna l’alluvione forse non è colpa del clima, ma il disastro è colpa dell’uomo» (titolo di Domani). «Non si può ancora dire se il cambiamento climatico abbia avuto un ruolo nelle alluvioni in Romagna» (Post). «Non voglio che questo messaggio venga usato dagli scettici del cambiamento climatico per dire cavolate» (Davide Faranda, fisico dell’atmosfera e climatologo del Cnrs tra gli esperti del Wwa).

Il 31 maggio scorso gli scienziati del World Weather Attribution (Wwa) hanno pubblicato un report con un titolo che sta mandando ai matti la stampa: “Il cambiamento climatico ha un ruolo netto limitato nelle abbondanti precipitazioni primaverili in Emilia-Romagna”. Trattandosi di un organismo nato nel 2015 per verificare la correlazione diretta tra climate change ed eventi meteo estremi, si capisce la difficoltà a riportare le ammissioni degli esperti: «Non abbiamo sufficienti strumenti per verificare una correlazione diretta». Soprattutto quando tali scienziati provengono da autorevolissimi centri scientifici quali l’Imperial College di Londra, l’Istituto meteorologico reale dei Paesi Bassi o il Laboratorio delle scienze del clima e dell’ambiente (Lsce) dell’Istituto Pierre Simon Laplace, esperti che in passato hanno trovato una correlazione tra cambiamento climatico e siccità nel Corno d’Africa o l’aumento delle piogge monsoniche in Pakistan.

Per gli scienziati l’alluvione non è colpa del cambiamento climatico, redazioni in panico

C’entra il cambiamento climatico con le alluvioni dell’Emilia-Romagna? A questa domanda lo studio preliminare di attribuzione redatto dal Wwa – con metodi da anni certificati come scientificamente affidabili da processi di peer-review – risponde di non aver trovato prove, «il cambiamento climatico non avrebbe aumentato l’intensità né la frequenza delle piogge» cadute il 2, il 10 e il 16 maggio sulla regione. In nessuna delle diciannove simulazioni climatiche del Wwa si è verificato infatti un aumento di frequenza e intensità di un evento primaverile a causa del climate change.

«È estremamente insolito per uno studio di attribuzione scoprire che le piogge estreme non siano rese più frequenti dall’effetto serra», ha spiegato Davide Faranda, climatologo del Cnrs e tra gli autori del report alla Stampa, invitando a non travisare il risultati: «Quando lo studio rileva una connessione tra evento estremo e cambiamento climatico possiamo essere certi che questa esista, quando invece non la trova, le due ipotesi restano aperte. In entrambi i casi serve una ricerca più approfondita». In altre parole: «Non si può usare questo report per avanzare tesi negazioniste».

Far le pulci alla scienza, la nuova guerra preventiva ai negazionisti

Troppo tardi. Perché la preoccupazione di mandare alle ortiche il messaggio degli scienziati più che ai negazionisti sembra appartenere ai giornalisti ossessionati dai negazionisti. Giornalisti che si sono affrettati a integrare lo studio (peraltro già molto chiaro sulle responsabilità dell’uomo nell’urbanizzazione che ha limitato lo spazio per il drenaggio dell’acqua, nonché sui limiti della metodologia rapid assessment, delle analisi condotte e delle ragioni per cui non possono essere considerate definitive), con una quantità di premesse, distinguo e valutazioni non richieste da far rimpiangere i tempi in cui al diminuire di morti e ricoveri per Covid aumentava lo strampalato uso dei dati sulle riaperture e le ipocrite lezioni di «chi ne sapeva» a quelli che «facevano i capricci» (e più che vaccinazioni portammo a casa il sospetto che gli esperti mettessero le mani avanti).

Abbiamo così capito che: un evento che ha un tempo di ritorno di 200 anni (la probabilità che si verifichi in un anno è circa dello 0,5 per cento) come quello scatenato da tre diversi cicloni formatisi in tre settimane sul mar Tirreno è di portata così eccezionale che ci mancano gli strumenti per comprenderlo. Lo studio del Wwa non spiega l’essenziale, cioè come e perché si sono formati i cicloni. Le simulazioni usate hanno una risoluzione spaziale e temporale forse non adeguata. Simulazioni più precise costano troppo e bisognerebbe destinare più soldi alla ricerca. L’Italia ha un territorio morfologicamente complesso e le conseguenze del riscaldamento globale sono diverse da regione a regione. Il Mediterraneo stesso è una zona particolare e complessa da indagare. Che trovare una causalità diretta tra climate change ed eventi estremi è sempre complesso. Che la “scienza dell’attribuzione” è una branca della climatologia complessa da studiare e da spiegare. Infine che «il clima è complesso», «Ci sono eventi sistematicamente legati al cambiamento come la temperatura, la siccità, ma quando si parla di circolazione atmosferica (venti, alta e bassa pressione) vanno effettuati studi singoli. Attenzione a non ridurre la complessità del clima» (Faranda all’Huffington Post).

Il clima «non ha colpe, siamo noi ad averle», gli italiani non capiscono «la complessità della scienza»

Tradotto: la scienza ha sempre ragione tranne quando non dimostra le certezze dei giornalisti. Se non ci sono prove, non significa che il cambiamento climatico non c’entri con l’alluvione in Emilia-Romagna, ma che lo studio è limitato, il tema è complesso e non si può dare in pasto alle scimmiette della rete (su Twitter si è scatenata la guerra preventiva ai negazionisti del clima che strumentalizzeranno lo studio). Da qui l’infinità di chiose e corollari: il climate change «non ha colpe, siamo noi ad averle. Viviamo in un’era dove l’impatto dell’essere umano è così pervasivo che non si limita al solo surriscaldamento globale» (Stampa), «Lo studio non smentisce l’esistenza di un’emergenza climatica e la necessità di frenare velocemente l’aumento delle emissioni di gas serra: il problema è come la complessità della scienza viene ricevuta nel dibattito italiano e come il negazionismo di media e politica possa sfruttare questo studio» (Domani).

Il problema insomma è sempre l’ignoranza. E se la scienza produce un report che fa un po’ a cazzotti con le informazioni veicolate dai giornali, con le interviste al Nobel Giorgio Parisi, certo che le alluvioni dipendono «dai cambiamenti climatici, dall’aumento della temperatura» causato delle emissioni dell’uomo, o con le dichiarazioni della presidente della commissione Ue Ursula von der Leyen («Ieri sono stata in Emilia-Romagna. Questo mese l’Italia ha di nuovo sofferto per gli impatti devastanti del cambiamento climatico»), tocca ai giornalisti far le pulci agli scienziati.

Al Vangelo della complessità manca solo la Parola di Occhetto

Gli stessi giornalisti che tra un articolo su «eventi calamitosi causati dagli effetti del cambiamento climatico», «alluvioni e frane causate dalla crisi climatica», Emilia-Romagna come «istantanea della crisi climatica», «hotspot dei cambiamenti climatici», icona del «tempo scaduto», un remind all’ennesimo appello dell’Ipcc, applaudivano alle esternazioni dei Fridays for future che organizzavano una mobilitazione in tutta Italia «per dire che “Questa pioggia è crisi climatica”. Non si tratta di una frase provocatoria, è scienza». O si sperticavano negli elogi degli attivisti di Ultima Generazione che si fanno le docce di fango o imbrattano monumenti per chiedere lo stop ai combustibili fossili causa della crisi climatica e della «tragedia annunciata» in Emilia-Romagna.

Non manca nulla al Vangelo della complessità predicato dai giornali ai miscredenti del cambiamento climatico. Tranne la Parola di Achille Occhetto: «Il problema delle alluvioni non è né di destra né di sinistra, riguarda l’umanità intera. Di fronte a quanto è avvenuto in questi giorni, bisogna tenere presente che ci troviamo di fronte a un messaggio». Secondo l’ex segretario del Pds: «Il Signore guardava sulla Terra questi ragazzi che verniciavano i muri per far capire cosa succedeva, e nessuno li ascoltava. E allora il Signore ha detto: “Ci penso io a fare capire”. E ha fatto come quando mandò l’invasione delle cavallette. Così in tre giorni ha inviato la pioggia di sei mesi. Il disastro è stato molto più grande della vernice». Sostituite “Signore” con “natura” e ci uscirà un articolo di Stampa o di Domani.

Foto Ansa

Articoli correlati

0 commenti

Non ci sono ancora commenti.