Campione misterioso. Finale con botto. E con flop

Di Redazione
28 Giugno 2012
Ultimo profilo da indovinare. Forse il più difficile. Europeo così così, mai sul pezzo, futuro incerto. Chi sarà?

Domenica si chiudono gli Europei, e, con essi, anche il gioco del campione misterioso di Tempi, autentico successo apprezzato da tanti lettori. Prima di lasciarvi all’ultimo, difficilissimo profilo, vi vogliamo ringraziare per le tante mail inviate durante queste settimane di gioco. Siamo felici che il gioco vi sia piaciuto e vi abbia appassionato: le vostre risposte sono sempre state numerose, il che ci riempie di gioia. Dispiace essere riusciti a premiare solo alcuni: siamo certi che ognuno di voi avrebbe avuto qualche vicenda sportiva interessante da raccontare. E dispiace non aver potuto dedicare più spazio alla vostra passione, premiando le vostre intuizioni e i vostri rischi: una bella intervista, per esempio, l’avrebbe meritata il nostro lettore cosentino che, al profilo di Morgan De Sanctis, ha risposto con un attualissimo “Michele Paramatti”. Peccato non potervi dare più spazio, ma sarà da sprone per la prossima edizione del campione misterioso, in programma per i Mondiali del 2014. Ora, godetevi e indovinate questo ultimo profilo. Per partecipare, ricordiamo, occorre inviare il nome e cognome del giocatore all’indirizzo redazione@tempi.it, con la dicitura “giocatore misterioso” nel campo oggetto.

Siamo sinceri: all’Europeo ha un po’ deluso. Tutti si aspettavano un filo di più dalla sua Nazionale, che è riuscita a proporre poco, pochino. Forse le attese intorno a questo gruppo erano esagerate, e nessuno si è accorto che per loro era già un successo esserci, o forse semplicemente hanno proprio giocato male, spesso venendo puniti dalla sfiga. E in questo mezzo flop, lui è stato uno di quelli che più ne ha risentito. Mai decisivo, mai sul pezzo, spesso distratto.

Brutte partite le sue, irriconoscibile agli occhi degli esperti che si erano abituati a conoscerlo come un bel giocatore, sebbene spesso fosse tra i più sottovalutati del suo campionato. Chissà se qualcuno lo sa che il suo nome è spesso stato storpiato in una parola che vuol dire “santo”… Lui viene da una terra che di anime pie ne ha offerte diverse, e i suoi numeri in campo gli sono valsi questo accostamento. In più, è uno di quei giocatori tranquilli, sereni, che fa parlare di sé non tanto per i colpi di testa che concede fuori dal rettangolo di gioco, quanto per le giocate che fa e per l’umiltà con cui s’imbarca spesso in opere di beneficenza. Quando aveva 5 anni un cancro gli portò via la madre, e così da quando è diventato un giocatore professionista non ha mai smesso di sostenere le associazioni di ricerca e lotta a questa malattia.

Guardando il suo curriculum, notiamo come la sua vita sportiva abbia sempre parlato la solita lingua. Cresce in una squadra mitica, dalla storia centenaria e vittoriosa, ma quando ha diciotto anni gli danno il ben servito: «Sei di troppo, trovati un’altra squadra». Lui non si sfiducia, e zitto zitto si costruisce una carriera qualche decina di chilometri più a sud. E così, eccolo partire dai prestiti alle squadre minori, guadagnarsi spazio e finire a giocare per uno dei top club di questa nazione. Ha 21 anni, e nella nuova squadra gli bastano in poche settimane batte la concorrenza di un inglese, un ceco e persino di un trinidadiano, e diventa titolare. È amore a prima vista con questa città: 12 anni alla fine ci resta, giocando campionato, coppa di lega, Coppa Uefa, Champions League, ma con uno strano record. Non riesce a impreziosire mai nessuna delle sue prestazioni con un gol. Poi l’addio, 3 anni fa: un club più prestigioso lo vuole, lui molla tutto e ci va. Peccato che un infortunio gli costi il posto titolare, consegnandolo alla triste girandola dei prestiti. E il prossimo anno? Chissà.

Articoli correlati

0 commenti

Non ci sono ancora commenti.