Canada. Col suicidio assistito si trasformano i medici in «carnefici con licenza di uccidere»

Di Redazione
09 Giugno 2016
L’arcivescovo di Ottawa interviene nel dibattito sulla legge per tornare a ribadire il diritto all’obiezione di coscienza

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Articolo tratto dall’Osservatore romano – «Se i medici non possono seguire le loro convinzioni morali, se sono costretti a essere operatori di morte e non di vita, se la libertà di coscienza viene considerata insignificante, la società corre il rischio di una morte morale». Parole dell’arcivescovo di Ottawa, Terrence Thomas Prendergast, che è tornato su un aspetto, quello del diritto all’obiezione di coscienza per il personale medico e infermieristico, collegato al tema particolarmente sentito in queste ore in Canada, riguardante la legge sul suicidio assistito. Il presule, in una lettera aperta pubblicata sul quotidiano «Ottawa Sun» in occasione dell’assemblea annuale della Federazione delle associazioni dei medici cattolici canadesi, affronta i gravi problemi etici e di coscienza posti dalla nuova normativa, la cui concreta applicazione, però, resta ancora in sospeso.

Dopo l’approvazione alla Camera dei Comuni nei giorni scorsi, il disegno di legge — il cosiddetto «aiuto medico a morire» riguarda gli adulti che si trovano in «uno stato avanzato di declino irreversibile delle loro capacità» e per i quali la morte è «ragionevolmente prevedibile» — non ha passato ancora il vaglio del Senato, dove sono stati presentati emendamenti che vorrebbero estendere la normativa proposta ad altri casi. Il testo del Governo, infatti, esclude esplicitamente i minorenni, le persone con malattie mentali e coloro che sono affetti da malattie degenerative. Tuttavia, è comunque scaduto il termine del 6 giugno fissato dalla Corte suprema, che l’anno scorso aveva dichiarato incostituzionale la normativa finora in vigore che vieta la possibilità di ricorrere al suicidio medicalmente assistito. Attualmente, dunque, secondo quanto stabilito dalla stessa Corte, tale pratica non è più illegale in Canada, anche se in mancanza di una legge che disciplini la delicata materia difficilmente gli operatori sanitari si presteranno a praticarlo.

Una situazione quanto mai intricata, dunque, che ricorda il presule pone «molti medici», non solo cattolici ma anche «di altri orientamenti filosofici» e religiosi, davanti a un «dilemma» etico ineludibile tra la fedeltà al giuramento di Ippocrate, che li impegna «a non somministrare ad alcuno, neppure se richiesto, un farmaco mortale, né a suggerire tale consiglio», e il rispetto di una legge che di fatto trasforma il suicidio in un diritto e i medici in «carnefici con licenza di uccidere».

Monsignor Prendergast torna però a ribadire che «non esiste alcun diritto umano all’eutanasia o al suicidio assistito». Infatti, «abbiamo il diritto alla vita e alle cure mediche, non a morire o a costringere qualcuno a ucciderci». Così in un mondo secolarizzato «che ritiene che se una cosa è legale è anche morale», la coscienza si chiede invece «se è giusto». Di qui il forte richiamo al rispetto della libertà di coscienza per gli operatori sanitari.

La Conferenza episcopale canadese, insieme ad altre comunità ecclesiali e organizzazioni cristiane, è intervenuta a più riprese in questi mesi per esprimere la sua ferma contrarietà a un provvedimento definito come «un’erosione della solidarietà tra gli uomini e un pericolo per tutte le persone vulnerabili, in particolare gli anziani, i disabili, gli infermi e i malati che spesso vengono isolati ed emarginati».

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