Canzoni da calci(o). Meglio Sanremo

Di Roberto Perrone
01 Marzo 2001
Domenica sera, entrando nel civettuolo stadio di Torino, mi hanno consegnato un foglietto

Domenica sera, entrando nel civettuolo stadio di Torino, mi hanno consegnato un foglietto. A nome della Juve, venivo invitato a cantare a squarciagola per coprire eventuali cori razzisti. La mia avventura nel calcio volge al termine. Ho visto di tutto, cose che voi umani vi sognate: raggi gamma balenare dietro la terza luna di Orione, bombe carta, un brasiliano di nome Eloi nel Genoa, i gradini dell’Amsterdam Arena, la tribuna dello stadio Lenin di Mosca, i gabinetti del “Molinon” di Gijon, i popcorn in vendita al Superdome di Detroit, due gol di Aguilera ad Anfield Road. E adesso, a 44 anni, mi chiedono di cantare perché un gruppo di scemi fa “buu” ai giocatori di colore. Mettete un disco, magari in vinile, come ai bei tempi, oppure usate i manganelli, gli idranti, quel che resta del Settimo cavalleggeri. Però io non canto. Pensa te. Non sanno ripulire questo calcio schifoso e vogliono che io canti. Se sapevo cantare andavo a Sanremo a fare il cascamorto con Megan Gale.

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