Cara lady, la bellezza non le manca…

Di Giorgio Vittadini
20 Marzo 2003
Nuovi protagonisti culturali sullo scenario italiano: la first lady, uscendo da un lunghissimo silenzio, ha deciso di seguire la strada di Hillary

Nuovi protagonisti culturali sullo scenario italiano: la first lady, uscendo da un lunghissimo silenzio, ha deciso di seguire la strada di Hillary. Nessuna prevenzione, ma data la rilevanza dell’intervento e il fatto che la principale rivista di cultura della sinistra ortodossa si è scomodata per pubblicarlo, si può, a posteriori, esprimere un giudizio. La suddetta dice sul pacifismo: «Chi scende in piazza ha deciso di cercare una risposta al proprio turbamento, condividendolo con gli altri. Io singolo, solo, posso provare un disagio senza risposte, ma se scendo in piazza, nel confronto con gli altri, su quel mio disagio, posso anche costruire qualche certezza. Queste manifestazioni meritano rispetto: se non ci fossero, sarebbe il deserto spirituale, una pietrificazione generale. Ciascuno solo, nella sua stanza e nella sua casa, magari con un’idea brillante in testa, ma senza nessuna capacità di comunicarla. Sarebbe la pietrificazione delle coscienze». La frase è di quelle che non si dimenticano, che lasciano un segno. Purtroppo è un segno negativo per due motivi. Il primo: un disagio è una domanda? Il turbamento è un desiderio? Si può trovare una risposta se ci si pensa già senza risposte? Ben altro suggerisce l’esperienza personale; altro è ciò che insegna tutta la storia della nostra civiltà. Il risveglio della coscienza parte dal desiderio di felicità personale, unico, irripetibile, dalla dolorosa scoperta di non riuscire a compierlo, dalla domanda di qualcuno che ci possa liberare dal male. Il risveglio è una ferita che trasforma l’urlo, senza volto e senza dramma, nel grido di un io che invoca, che chiede, che cerca l’amico. Il disagio e il turbamento senza voglia di risposta sono già un lusso da ricchi: chi è povero grida.
Ma non basta. C’è un secondo motivo: che risposta è una massa anonima, che marcia collettivamente verso una pace di cui non si conosce l’origine, lo scopo, il metodo? Che scopo, che metodo, che origine positiva pone chi si dimentica del proprio male, chi, se non è marxista, pensa positivo da Che Guevara a madre Teresa, crede in una bontà generica, in una verità che è una idea, un concetto, un’astrazione? Un volto, una verità che sia un volto, che mostri una esperienza di pace e mi corrisponda oggi, che mi chiami a farla con lui. Questo io aspetto, che sia amor sacro o amor profano, un’amicizia vera o una paternità, un legame che nasce dal comune ideale o dalla fede. A meno che non si creda nel potere salvifico di Gino Strada, nella capacità di perdono di Casarini, nella disponibilità ad ammettere i propri errori di Cofferati, nell’amore al diverso di Bertinotti… Dopo avere insistito per decenni che la fede è irrazionale, dopo avere detto che il cristianesimo annullava la libertà dell’io, è un bel esempio di coerenza… E che dire allora del marxismo scientifico di Asor Rosa che, per dimostrare il suo interclassismo, accetta che sulla sua rivista sia scritto che annullarsi in una massa sia la liberazione dall’oppressione e che da questo nasca il crollo della tirannia? Ma, forse, quanto è avvenuto è la rivincita del proletariato: l’intelligenza e la bellezza non sono monopolio dei ricchi.

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