Carcere ostativo. «In Italia non c’è la pena di morte, ma la morte per pena»

Travaglio se la prende con Meloni, ma poi apprezza la sua posizione sulle carceri. Ma noi la pensiamo come Pannella (e Amicone)

Il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, durante la

È sempre raccomandabile leggere Marco Travaglio. È come fare un check up completo sanitario. Fegato a posto, trigliceridi nella norma, pressione un po’ alta in alcuni passaggi ma nulla di preoccupante e poi una grassa risata, pensando al suo fegato, alla sua bile, alla sua stabilità emotiva. Non c’è verso, da anni reitera la sua rabbia, chissà cosa gli è capitato da piccolo, con la solita solfa contro chi “inopinatamente” non la pensa come lui. E non ci sono giorni, di resa, di contemplazione, di bellezza allo stato puro o liquido come vien di moda ora. No.

Nel suo editoriale nel Giorno dei Morti, intitolato “Demeritocrazia” rende palese quanto questa espressione, “merito” li abbia letteralmente sbarellati. E allora giù con il criminale B. che ha solo prodotto leggi criminali, per poi confessare che con Giorgia è più difficile, non perché non esistono criminali, conflitti d’interesse, e contraddizioni, ma perché sul carcere ostativo lui è d’accordo. Anzi, lo avrebbe fatto meglio, a dire il vero. Forse avrebbe introdotto la gogna pubblica, visto che può dirsi un gran Maestro di quella mediatica. Dopo quindi un certo elogio, un po’ timido e a bassa voce, il rigurgito contro i criminali che sono diventati sottosegretari e viceministri, lo riporta come sempre sullo scanno del giudizio morale.

Ma sul carcere ostativo non si può voltare lo sguardo, seppur il presidente del Consiglio abbia specificato che il testo approvato era già stato votato durante il governo Draghi con un accordo quasi unanime visto che anche Fratelli d’Italia si era astenuta, ma solo alla Camera. Quindi oggi chi può dirgli qualcosa? Neppure Travaglio.

Cosa scriveva Amicone

L’ergastolo ostativo prevede che i condannati per alcuni reati gravi, in particolare mafia, terrorismo e associazione per delinquere finalizzata al traffico di droga, non abbiano la possibilità di accedere ad alcun beneficio penitenziario, come i permessi premio e il lavoro esterno, se non decidono di collaborare con la giustizia, dimostrando così il loro ravvedimento. Eppure, la Consulta ha stabilito che fare «della collaborazione l’unico modo per il condannato di recuperare la libertà è in contrasto con gli articoli 3 e 27 della Costituzione e con l’articolo 3 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo».

Il 7 maggio 2020 Luigi Amicone dalle “Cronache dalla quarantena / 54” in piena pandemia scriveva così:

«Ogni tot ci condannano in Europa per violazione dei diritti umani. E anche se i Davigo’s non sono d’accordo, le carceri italiane non sono dei cinque stelle lusso Grillo. In America è vero, sono inflessibili. Vige il principio della certezza della pena fin troppo assoluto. Però, ragazzi, vogliamo paragonare l’America al nostrano tritacarne? Là, anche la pena di morte è più umana del nostro ergastolo ostativo di ogni beneficio. Più umana del 41 bis. Più umana di processi che tengono in croce a vita. Come quello a Mannino. O a Andreotti. O a chiunque gli abbiano chiuso un processo un giorno. E il giorno dopo gliene abbiano aperto un altro. Uguale. Solo con un nome un po’ più fantasioso».

Cosa scriveva Nordio

Quello che Travaglio, accarezzando il provvedimento della Meloni, ha finto di dimenticare è che anche il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, con alle spalle quarant’anni da pubblico ministero, nell’ultimo libro con Claudio Cerasa, pubblicato neppure due mesi fa, il 30 agosto 2022, sottolineava con una certa sicurezza che il carcere ostativo fosse «un’eresia contraria alla Costituzione. Spiace per chi a destra la pensa così, ma il punto è evidente: il fine pena mai non è compatibile, al fondo, con il nostro Stato di diritto».

In ogni caso, l’8 novembre, la Consulta esaminerà la questione e valuterà anche il contenuto del decreto-legge. Staremo a vedere, ma intanto viene alla memoria una frase di Marco Pannella: in Italia non c’è la pena di morte, ma la morte per pena.

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