Caro ministro Orlando, l’esultanza degli agenti per il detenuto suicida fa rabbrividire. Ma lei si stupisce?

Di Giuditta Boscagli
20 Febbraio 2015
Uccise per decreto le poche esperienze che trattavano i detenuti da uomini, nelle nostre prigioni non resta che la vergogna. Lettera aperta al guardasigilli

carcere-shutterstock_208687927Giuditta Boscagli, insegnante di Lecco, è autrice di Il cuore oltre le sbarre (Itaca), libro che racconta in forma di romanzo la storia (vera) di delitto, carcere, amicizia, amore e redenzione dell’uomo che a marzo è diventato suo marito.

Gentile ministro Orlando,

Le scrivo perché oggi rimbalza ovunque la notizia degli agenti di polizia penitenziaria che sui social network esultano per la morte di un detenuto, definendo feccia coloro che dietro le sbarre vi sono ancora.

Indignano le affermazioni riportate dai media, ma quando il clamore mediatico tace, quando nella quotidianità il lavoro degli agenti procede, e con esso la vita dei detenuti, la situazione è forse migliore di questo momento?

Lei ha appena permesso che un’eccellenza in questo settore, un’opportunità che per anni ha reso pienamente UOMINI i detenuti, gli operatori esterni e gli agenti incaricati alla sorveglianza, potesse essere schiacciata e distrutta con un colpo di decreto.

Lei ha appena fatto morire una decina di esperienze in cui i detenuti non erano per niente considerati una feccia ed anzi avevano l’occasione di poter guardare a se stessi in modo nuovo e vedersi lavoratori, portatori di utilità e di bene, oltre che di un salario.

Le carceri italiane non sono degne di un Paese sviluppato e gli agenti di polizia penitenziaria lavorano ogni giorno in condizioni di una precarietà imbarazzante per uno Stato che vuol definirsi civile e all’avanguardia: si continua a parlare di recidiva eccessiva, di incapacità dei detenuti a migliorare la loro posizione e come soluzione non si ha loro da offrire che una cella sovraffollata, condizioni igienico-sanitarie per niente dignitose, rapporti con i familiari difficilissimi da gestire e ridottissimi per numero e ore a disposizione?!

Se a questo aggiungiamo anche che in tutta la pubblica amministrazione (anche nelle scuole statali in cui io insegno) la formazione del personale, in ingresso e in itinere, si rivela molto spesso insufficiente o inadeguata al contesto in cui poi si va a lavorare, ecco allora spiegato perché oggi io mi sento assolutamente indignata per quel che gli agenti hanno scritto, ma per nulla stupita.

Da dove iniziare a mettere ordine? Come aiutare l’opinione pubblica a condannare e a non condividere quanto apparso sui social network in queste ore?

A Lei è affidato il compito di trovare una strada, ma un consiglio io mi sento di darglielo: sostenga e non uccida quelle esperienze virtuose in cui il detenuto si sente accompagnato, accolto, risollevato dal baratro in cui si è buttato. Metta mano al sistema carcerario e trovi una soluzione al sovraffollamento e alle condizioni non dignitose in cui gli agenti lavorano e i carcerati vivono.

Guardi e insegni a guardare ad ogni detenuto come ad un uomo, che si è perduto lungo una strada di errori spesso dolorosi e portatori di un grande male, ma che può sempre riprendere il cammino e fare della propria esistenza un’avventura meravigliosa per sé e per gli altri, dentro o fuori dalle sbarre.

Buon lavoro,
Giuditta

Foto carcere da Shutterstock

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3 commenti

  1. Sain-Juste

    Unico provvedimente per quegli agenti: licenziamento immediato. Per il resto, la Costituzione (laica) dice chiaramente che la pena deve tendere alla rieducazione del reo. Se questa e’ ottenuta attraverso associazioni o persone di CL, o comunste, o ebree, o protestanti non mi importa un fico, basta che la persona sia recuperata. Meglio trasformare un detenuto incallito in un ciellino schematico e idelogico ma rinato a vita nuova, pentito (o convertito) con tanta voglia di fare del bene. Alla fine io sono per il cuore senza se e senza ma. Ho avuto modo di conoscere un ex-terrorista Barbone, quello che ammazzo’ Tobagi. Confesso che aveo dei dubbi sul suo pentimento ma quando l’ho incontrato devo veramente ammettere che quell’uomo ha fatto un cambiamento RADICALE. Ripeto, non me ne importa niente della chiesa, ma vedere uomini ritornare a vivere e a capire quello che hanno fatto e’ veramente toccante..

    1. leo alettil

      Signora Boscagli invii altre lettere al Guardasigilli, tanto Lui sa guardare solo i sigilli.

  2. maurizio

    Totale condivisione di quanto scritto dalla sig.ra Boscagli..alcuni anni fa ho avuto la grazia di incontrare al.Meeting di Rimini l’esperienza della Cooperativa Giotto c/o il carcere di Padova(sempre a proposito di autoreferenzialita’/apertura di Cl) una realtà strordinariamente umana e vitale..perché,anziché,moltiplicarle queste possibilità le si vuole,di fatto,annullare..la logica dell’assurdo e del vuoto!

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