«Ecco perché il decreto Caivano serve ma non basta»

Dalle polemiche sul «populismo giudiziario» all'oggettiva mancanza di alternative al carcere. L'ex procuratore dei minori Ciro Cascone spiega perché inasprire le pene ha senso, ma senza alleanza scuola-famiglia perderemo del tutto i "ragazzi invisibili"

 

«Populismo giudiziario», «deriva panpenalista e carcerocentrica», «slogan fuori dalla realtà», «sconvolgente», «imbarazzante». Non piace (eufemismo) alla Camera Penale di Milano, tanto meno a chi come don Gino Rigoldi lavora con i minori finiti dietro le sbarre, il Decreto Caivano approvato il 7 settembre dal Consiglio dei ministri. Non piace la sostanziale equiparazione degli indagati minorenni a quelli maggiorenni, l'ampliamento della custodia cautelare e della facoltà di adottare misure pre-cautelari da parte del questore, l'inasprimento delle pene per detenzione di armi o droga, l'“accanimento” verso i genitori che rischierebbero due anni di reclusione in caso non mandassero i figli alla scuola dell'obbligo. Non piace insomma la cosiddetta “pedagogia della punizione”, tanto meno l'idea di riempire carceri già sovraffollate di giovani: il problema, ripetono in tv, radio, sulla stampa, è l'educazione, la rieducazione, progetti di reinserimento, «mentre chiediamo a...

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