
Casini, o dell’utopia di risuscitare il centro in un paese che ha scelto il bipolarismo
Conviene al centrodestra la linea di Berlusconi, cui aderiscono Alleanza nazionale e la Lega? O conviene invece lo schema che propone Casini, cioè quello di votare insieme al governo su temi giudicati accettabili? La strategia di Casini sembrerebbe quella di puntare a un nuovo governo senza Prodi e senza Bertinotti, nella convinzione che il centrosinistra possa tenere senza l’apporto di Rifondazione. E che anzi il futuro del paese sia un nuovo partito, quello democratico, che dovrebbe fondere in una sintesi straordinaria postdemocristiani, postcomunisti e quanti altri ci stiano. Sarebbe il grande centro sostituto della Democrazia Cristiana. Ma questo schema non sembra interpretare l’elettorato italiano come si è schierato dal ’94 in poi.
Lo schema bipolare che si è creato non è opera dei partiti, è opera del corpo elettorale stesso. Il paese è diviso tra destra e sinistra, non esiste in esso una componente di centro. In tutta Europa è in corso una crisi politica che riguarda la biforcazione dei paesi tradizionalmente divisi tra popolari e socialdemocratici. Sorge una nuova alternativa alle posizioni estreme, sia a destra che a sinistra. Non a caso in Germania è emersa una sinistra socialista consistente, in Austria una destra liberale e lo stesso è accaduto in Olanda. Certamente in questo incide anche il tema dell’immigrazione sia comunitaria che extracomunitaria, che si accentuerà con l’ingresso nell’Ue della Bulgaria e soprattutto della Romania. In Transilvania sono già immigrati due milioni di lavoratori al punto che gli imprenditori cercano di assumere manodopera cinese. E del resto anche la sinistra antagonista, anche la Sinistra Europea di Bertinotti ha manifestato contro la direttiva Bolkenstein che permetteva agli immigrati comunitari dei paesi di nuova adesione di pagare le tasse in patria.
Il bipolarismo italiano ha raggiunto la sua forma compiuta grazie alla Casa delle libertà che ha interpretato la volontà di gran parte dell’elettorato di schierarsi contro il sistema dei partiti storici, ora tutti racchiusi nella coalizione di sinistra, ma che per costituirsi ha dovuto pagare il prezzo di includere nel proprio seno l’antagonismo di Bertinotti. Pensare che un grande centro sia proponibile e che un partito democratico fatto di postcomunisti e di postdemocristiani sia costruibile non tiene conto del fatto che esiste una contraddizione tra il sentimento popolare e i partiti storici. La prima Repubblica è entrata in crisi di fronte al suo popolo e la sua riproposizione sommando tutti i partiti salvo due, non corrisponde in nessun modo alla realtà dell’elettorato.
bagetbozzo@ragionpolitica.it
0 commenti
Non ci sono ancora commenti.
I commenti sono aperti solo per gli utenti registrati. Abbonati subito per commentare!