
Casini sogna il ‘paese di mezzo’ ma da sveglio resta dov’è
Vorrei poter sognare il sogno di Pierferdinando Casini, che mi sembra avvenire in quel ‘paese di mezzo’ ideale in cui Follini ha già impiantato la sua solitaria tenda. Vorrei poter credere che, in un gesto di virtù riformista, i diessini e i margheriti delle varie componenti, cattoliche e laiche, decidano di mettere Bertinotti, Diliberto, Pecoraro e Di Pietro alla porta. Ma non ci credo. Rischierebbero i ‘riformisti’ dell’Unione di perdere pezzi del Ds, pezzi della Margherita e i partiti di sinistra radicale dal computo dei voti. E sarebbero così in minoranza. E dovrebbero accogliere i voti dell’Udc, di Forza Italia e forse anche di An nella maggioranza che diventerebbe così una maggioranza di centro. Una vera rivoluzione politica, se pensiamo alla recente storia d’Italia e anche alla più antica, che infine non ci presenta mai un governo fatto insieme dalla Democrazia Cristiana e dal Partito comunista italiano. Ma se il Pds fosse la continuità con il Pci e la Margherita la continuità con la Dc, l’ipotesi di una loro comune maggioranza sarebbe certo più facile ai nostri giorni che nei giorni di Moro. I partiti di oggi non sono più padroni del proprio elettorato come erano i partiti di ieri, l’elettorato di sinistra non è più un elettorato fideistico (cattolico o comunista), ma un elettorato che sceglie. È un elettorato diviso in destra e sinistra ed è contrario a quella linea di centro che è il modello ideale politico del connubio democristiano comunista dei tempi antichi, rimasto ora come referente di una cultura politica. I partiti sono molto meno divisi di quello che non siano i loro elettorati.
Per quanto invochi la sua diversità, Casini non può diventare folliniano e deve lasciar partire il grillo parlante del centrismo Dc. Casini è tanto lontano da Berlusconi come riferimento ideale quanto obbligato a seguirlo dal suo corpo elettorale. Il modello dell’elettorato del centrodestra è a destra, il modello dell’elettorato del centrosinistra è a sinistra. E chi può dare legittimità agli schieramenti di partito è il nesso di Berlusconi con l’elettorato, anche quello democristiano o di An: e il nesso di Bertinotti con l’alleanza di sinistra. Casini può certo contare su molte anime sospirose di Margherita, Udeur e persino Ds, ma ai sospiri non seguono i fatti. Casini può avere poche disposizioni per la piazza ma è il suo elettorato di categoria (professionisti, commercianti, artigiani) che ci va. In qualche modo vale per lui l’antico adagio: «Io sono il loro capo, bisogna che li segua». Caro Marco, vorrei dirti un arrivederci ma temo sia un addio, questo forse è il pensiero ultimo di Pierferdinando. bagetbozzo@ragionpolitica.it
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