Caso Messineo. È il Fatto a smentire la versione di Travaglio

Di Chiara Rizzo
14 Giugno 2013
L'editorialista prova a difendere il procuratore capo di Palermo, accusato dal Csm di aver impedito la cattura del boss Messina Denaro. Ma il Fatto aveva riportato notizie che confermerebbero i dubbi di Palazzo dei Marescialli

Dopo la notizia del procedimento disciplinare aperto dal Consiglio superiore della magistratura nei confronti del capo della procura di Palermo Francesco Messineo, che segue ai tre procedimenti aperti dal Csm per Antonio Ingroia, è arrivata la notizia ufficiale che quest’ultimo abbandonerà la magistratura. Intanto, Marco Travaglio ieri sul Fatto ha scritto un lungo editoriale dal titolo “Incompatibile a chi”, nel quale punto per punto si confutano le accuse mosse dal Csm a Messineo: un curioso caso, perché Travaglio finisce involontariamente per essere smentito dallo stesso Fatto.

MESSINEO E IL CAPO DEI CAPI. L’editoriale di ieri parte dalle accuse a Messineo. In particolare tra le incolpazioni di Palazzo dei Marescialli c’è il fatto che Messineo «abbia perso piena libertà e indipendenza nei confronti del procuratore aggiunto Ingroia e del sostituto dottoressa Lia Sava». Con Ingroia, Messineo avrebbe stretto un «rapporto privilegiato», proseguono da Palazzo dei Marescialli: lo stesso Ingroia, in seguito, è venuto a conoscenza di intercettazioni a carico del suo superiore nel «caso Maiolini» nel giugno 2012, ma le ha trasmesse alla procura competente ad indagare sui reati commessi dai magistrati a Palermo, quella di Caltanissetta, solo ad ottobre 2012.
Prima di giungere al procedimento disciplinare, il Csm ha ascoltato le testimonianze di diversi magistrati della procura di Palermo, molti dei quali hanno ben delineato la situazione di «scollamento» o «isolamento» di alcuni magistrati rispetto ad altri più vicini a Messineo: chi si è ritrovato isolato ha spiegato al Csm di non aver avuto accesso adeguato alle informazioni. È questo che, secondo il procuratore aggiunto Agueci, avrebbe causato anche il mancato arresto del boss di Cosa Nostra Matteo Messina Denaro, il numero uno tra i ricercati dal ministero degli Interni, ritenuto l’attuale capo della cupola mafiosa. Agueci ha riferito di un’operazione antimafia eseguita la scorsa estate senza avvisare i colleghi titolari di un’altra indagine, gestita dal Ros dei carabinieri, che stava conducendo invece proprio sulle tracce di Messina Denaro e alla sua cattura: ma la pista decisiva sarebbe stata bruciata.

IL FATTO SMENTISCE. Travaglio ha preso spunto proprio da quest’ultimo episodio, ricordando: «Peccato che il Ros abbia già smentito la notizia». Nell’editoriale tuttavia non è citata alcuna data della smentita, quasi che essa avesse seguito la notizia del procedimento del Csm. A mettere i puntini sulle i, invece, così non è. È lo stesso Fatto quotidiano, anzi, in un articolo del 1° agosto 2012 a dar pieno conto di quanto è successo.
Il pezzo riportava già un titolo eloquente: “Mafia, Ros interrompe la caccia al boss Messina Denaro dopo ‘lite’ con Messineo”. Nell’articolo, all’epoca ripreso dalle principali testate nazionali, si dava conto esattamente di “una riunione fiume” che si era tenuta in Procura a Palermo, «tra il procuratore capo Francesco Messineo e il nuovo comandante del Ros Mario Parente»: «Gli oltre 40 uomini del gruppo che un tempo era guidato dal Capitano Ultimo stanno già smontando le telecamere a Castelvetrano: a breve torneranno alla base romana di Ponte Salario per poi essere destinati ad altri incarichi».

SCONTRO SENZA PRECEDENTI. Si è trattato di un episodio senza precedenti, uno scontro mai visto prima tra una procura e i militari di maggior preparazione nel contrasto alla criminalità organizzata. Nell’articolo si ripercorre anche l’episodio che ha causato lo scontro. Mentre il Ros monitorava un boss dell’agrigentino, che negli ultimi due anni avrebbe incontrato Messina Denaro, Leo Sutera, il 26 giugno 2012 la polizia e lo Sco, su autorizzazione dello stesso Messineo lo avevano arrestato insieme ad altri 45 mafiosi. Dopo gli arresti a Messineo avevano scritto una lettera infuocata i titolari delle indagini gestite dal Ros, il procuratore aggiunto Teresa Principato e i sostituti Paolo Guido e Marzia Sabella, che seguono le investigazioni su Trapani e provincia. «Le polemiche però non si erano placate neanche dopo un paio di riunioni della direzione distrettuale antimafia. E oggi il Ros ha deciso di tirarsi fuori da questo clima di veleni, stoppando la caccia all’ultimo super latitante di Cosa Nostra» proseguiva l’articolo del Fatto.
È stato solo in seguito all’incontro con Messineo, e probabilmente anche al risalto mediatico che ebbe la notizia, che il Ros, mostrando di privilegiare il rispetto per le istituzioni decise di divulgare, il 2 agosto, un comunicato stampa nel quale assicurava che «catturare Messina Denaro resta un obiettivo primario del Raggruppamento operativo speciale, che continua a svolgere le indagini delegate dalla procura di Palermo con lo stesso impegno».
Quella citata oggi da Travaglio, dunque, non rappresenta alcuna smentita del Ros alla approfondimento sull’operato di Messineo voluto dal Csm. A conferma della tensione che si è creata dopo l’arresto di Sutera, anche le dichiarazioni del procuratore Principato: «Auspico di essere sentita dal Csm sulla vicenda dell’arresto di Sutera, che può essere considerata espressione di incapacità da parte del capo di un ufficio di perseguire un’efficace strategia antimafia. Si è preferito alla più che eventuale cattura di Messina Denaro e all’individuazione del suo circuito relazionale il fermo di 40 estorsori, quasi tutti poi scarcerati».

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1 commento

  1. giovanni

    Mi sa tanto che stanno facendo terra bruciata attorno a marco manetta

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