
CATENACCIO
Scusate, ma probabilmente sarà una rubrica sconnessa. Infatti sono reduce dal più disastroso viaggio degli ultimi anni, eppure era solo un Lisbona-Milano. Ma la Tap, la linea aerea portoghese, era in trance come i giocatori della nazionale omonima dopo aver capito che la finale era andata e l’avevano vinta i greci. Dunque è finito anche l’Europeo 2004 e già temiamo quello del 2008, tra Svizzera e Austria. Mucche, campanacci, baite, tre lingue, due monete. Ha vinto la Grecia che gioca come il Padova di Rocco. Alcuni vecchi tromboni si sono infastiditi per tutto ciò, come se andare in campo e cercare di fare quello che passa il convento sia una iattura. La cosa più giusta l’ha detta Scolari, al quale gli giravano, però ha avuto l’onestà di ammettere: «Che i greci giocavano così noi lo sapevamo». Giusto. In campo ci si va in due e il catenaccio non è una garanzia di vittoria. Bisogna farlo bene, bisogna essere bravi, perché se libero e marcature fossero garanzia di successo, allora lo farebbero tutti, no? Quindi viva la Grecia, il catenaccio e grazie di essere stati con noi. L’Europeo è finito e mi accorgo solo ora che in Portogallo non esiste la moviola. Il catenaccio sarà brutto, però finisce lì, la moviola ci ammorba la vita. Perché noi italiani non torniamo al catenaccio e buttiamo la moviola? Pensateci, magari si vince l’Europeo.
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