CATENACCIO

Di Fred Perri
08 Luglio 2004
Scusate, ma probabilmente sarà una rubrica sconnessa

Scusate, ma probabilmente sarà una rubrica sconnessa. Infatti sono reduce dal più disastroso viaggio degli ultimi anni, eppure era solo un Lisbona-Milano. Ma la Tap, la linea aerea portoghese, era in trance come i giocatori della nazionale omonima dopo aver capito che la finale era andata e l’avevano vinta i greci. Dunque è finito anche l’Europeo 2004 e già temiamo quello del 2008, tra Svizzera e Austria. Mucche, campanacci, baite, tre lingue, due monete. Ha vinto la Grecia che gioca come il Padova di Rocco. Alcuni vecchi tromboni si sono infastiditi per tutto ciò, come se andare in campo e cercare di fare quello che passa il convento sia una iattura. La cosa più giusta l’ha detta Scolari, al quale gli giravano, però ha avuto l’onestà di ammettere: «Che i greci giocavano così noi lo sapevamo». Giusto. In campo ci si va in due e il catenaccio non è una garanzia di vittoria. Bisogna farlo bene, bisogna essere bravi, perché se libero e marcature fossero garanzia di successo, allora lo farebbero tutti, no? Quindi viva la Grecia, il catenaccio e grazie di essere stati con noi. L’Europeo è finito e mi accorgo solo ora che in Portogallo non esiste la moviola. Il catenaccio sarà brutto, però finisce lì, la moviola ci ammorba la vita. Perché noi italiani non torniamo al catenaccio e buttiamo la moviola? Pensateci, magari si vince l’Europeo.

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