
Cellule staminali per curare i bambini. «Senza sperimentazione si alimentano false speranze»
«So che è impopolare dirlo, ma l’agenzia per il farmaco prima e il Tar della Lombardia ora hanno fatto bene a bloccare delle terapie che non si possono definire tali. Quello che amareggia è che siano le famiglie dei bambini malati a doversi presentare davanti ai giudici, mentre chi produce le cosiddette “cure” resta un passo indietro». Lo dice oggi in un’intervista che appare su Repubblica (“Stop ai Rambo della provetta. Senza una sperimentazione seria si alimentano false speranze”) il genetista Angelo Vescovi, nome noto ai lettori di Tempi.
Vescovi è interpellato in merito al caso di quei bambini che si vorrebbe curare con terapie a base di cellule staminali proposte dalla Stamina Foundation. Il Tar di Brescia, ieri, ha detto no al ricorso di tre famiglie, riconoscendo «incontestabilmente» la competenza in materia dell’Aifa e confermando «l’assenza di evidenza scientifica» delle terapie proposte («l’unica pubblicazione, di tre pagine, è redatta su una rivista edita in Corea»).
Vescovi, un luminare del settore, primo in Europa a trapiantare cellule staminali su un paziente malato di Sla, è molto netto nello schierarsi contro tali cure, perché, spiega, «per somministrare qualcosa a un paziente deve essere dimostrato che non si provocheranno dei danni». La Stamina Foundation, invece, non si è mai sottoposta «alle procedure per l’approvazione da parte dell’Aifa». Secondo il genetista, un modo di procedere del genere è pericoloso: perché ci si rimette la salute («si sono avuti casi di bambini morti o ammalati dopo essere stati iniettati»), perché «si alimentano false speranze» e perché si dà corda a un business che, «dietro intenzioni umanitarie», cela «interessi economici, anche indiretti, come ad esempio brevettare cure».
«Se suo figlio fosse malato – viene chiesto a Vescovi – accetterebbe le cure che hanno ricevuto Smeralda, Celeste e Daniele?». «Ci ho pensato – risponde. La risposta è no: avrei paura, non mi fido di quello che non è chiaro».
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