
Cercasi un Salomone per Elian
Il procuratore capo Janet Reno ha dichiarato questa settimana che lo Stato deve rispettare il “sacro vincolo” che lega un bimbo ai suoi genitori. A uno però viene da chiedersi che cosa esattamente significhi la sua affermazione, visto che non fa nulla per opporsi alle innumerevoli leggi e azioni politiche con le quali il Governo federale tenta con perseveranza di spezzare appunto tale vincolo sacro. Per restare solo nel campo dell’immigrazione, problema in merito al quale parlava il procuratore, le truppe della signora Reno stanno continuando a distruggere intere famiglie negando i visti d’ingresso alle mogli e ai figli degli immigrati, o attraverso l’espulsione dal paese di mogli e mariti di lavoratori immigrati che non hanno i mezzi legali per difendere il “sacro vincolo” che li unisce. Il procuratore capo si riferiva al caso del bimbo cubano di sei anni Elian Gonzales, il cui dramma ha occupato la stampa e i media questa settimana. Mentre sto scrivendo, il padre di Elian è arrivato a Washington dall’Avana per riportare indietro suo figlio, che era stato ripescato dalle acque del Golfo del Messico dove si trovava con la madre e altri profughi che avevano tentato la fuga dalla tirannia di Fidel Castro. I cubani di Miami, dove Elian vive affidato alle cure di alcuni parenti, hanno minacciato numerosi atti di disobbedienza civile per opporsi al ritorno del bambino a Cuba. Lo autorità statali e le altre istituzioni locali si sono rifiutate di cooperare con gli agenti federali nel condurre Elian verso casa. Un articolo di prima pagina pubblicato sul New York Times mostrava che molti americani considerano questa disobbedienza locale come la prova che la presenza ispanica ha raggiunto ormai dimensioni pericolose, minacciando le stesse basi legali dell’unità del paese. I leader ispanici, preoccupati di questa reazione anti-ispanica, sono arrabbiati coi cubani e pieni di risentimento col loro potere politico. (Il vice-presidente Gore, in una dichiarazione che ha sbalordito i suoi sostenitori liberal, ha detto che il ragazzo doveva essere lasciato in questo paese. Nessuno naturalmente crede che abbia qualcosa in mente che non sia il desiderio spudorato di ottenere i voti della Florida a tutti i costi).
Gli ispanici sono risentiti anche con la speciale attenzione riservata ai cubani nelle politiche sull’immigrazione del paese. È sempre più difficile vedere come può essere risolto questo problema. Elian si è trasformato in un simbolo delle passioni e delle convinzioni che vanno ben oltre le frontiere legali assolutamente indispensabili all’unità di questo paese.
Per i cubani si tratta di una questione di famiglia più che di stato, solo che riguarda la “famiglia cubana” non quella di Elian, la gente cubana, crudelmente dilaniata dal tradimento di un uomo odiato con una passionalità caratteristica delle profonde ferite di famiglia. Ognuna delle due parti in questa lotta familiare rivendica di essere la depositaria dell’autenticà identità cubana, che deve essere difesa a ogni costo.
Per ironia della sorte, entrambe le parti hanno oggi un nemico comune: il governo degli Stati Uniti e la sua incapacità di riconoscere a quale livello si gioca questa battaglia, indubbiamente quello dei “sacri vincoli”, che il procuratore generale non ha dato alcuna prova di comprendere, qualsiasi cosa lei oggi intenda dire con queste parole.
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