Che cosa è a rischio davvero nello scontro sull’Istituto Giovanni Paolo II

Di Redazione
02 Agosto 2019
Il vicepreside José Granados critica apertamente i cambiamenti imposti da monsignor Paglia e spiega (bene) perché secondo lui «l’identità dell’Istituto è seriamente minacciata»
L'arcivescovo Vincenzo Paglia

Non è passata inosservata la lunga intervista concessa alla Catholic News Agency dal vicepreside del Pontificio Istituto teologico Giovanni Paolo II per le Scienze del matrimonio e della famiglia, padre José Granados. Con le sue dichiarazioni, il sacerdote prende apertamente una posizione allarmata e critica “dall’interno” nei confronti dei cambiamenti introdotti nell’Istituto fondato nel 1982 per volontà del Papa polacco e da questi affidato direttamente a Carlo Caffarra.

A guidare la riforma in atto è monsignor Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia Accademia per la vita e la famiglia, scelto da papa Francesco come gran cancelliere dell’Istituto. Ebbene, Granados di fatto accredita, sebbene utilizzando sempre toni rispettosi, le interpretazioni di alcuni giornali (vedi per esempio il Foglio) che sono arrivati a parlare addirittura di un tentativo di cancellazione del pensiero di Wojtyla sulla famiglia e di «epurazione» dei professori fedeli al magistero del Papa santo.

Granados, che oltre a essere vicepreside dell’Istituto Giovanni Paolo II è anche consultore della Congregazione per la dottrina della fede dal 2013 e dal 2018 del Dicastero per i laici, la famiglia e la vita, sembra essersi deciso a parlare in seguito all’uscita, lunedì 29 luglio, del comunicato stampa con cui l’Istituto ha provato a smentire alcune notizie e ricostruzioni polemiche apparse in diverse testate.

Dice Granados:

«Mi sembra che l’identità dell’Istituto sia seriamente minacciata, dunque è necessario presentare, con rispetto ma con chiarezza, i problemi oggettivi insiti nei recenti cambiamenti, e avvertire del pericolo che rappresentano per la missione originale dell’Istituto, che papa Francesco ha detto esplicitamente di voler preservare, non soltanto come un cimelio del passato ma proprio perché essa rappresenta una fonte di rinnovamento e un cammino per l’accompagnamento delle famiglie da parte della Chiesa».

Nell’intervista alla Cna, Granados articola con dati e argomentazioni le sue gravi riserve in merito a molte delle novità introdotte da monsignor Paglia e dai nuovi statuti dell’accademia giovanpaolina: la ridefinizione del perimetro del potere del gran cancelliere (ovvero di Paglia in persona), ritenuto eccessivo; l’esclusione di vari professori (molti polacchi) o la riduzione dei loro corsi (vedi Stanislaw Grygiel, amico personale di Wojtyla); la ruvidezza e la scarsa correttezza dei metodi usati per gli allontanamenti; la lettera firmata dagli studenti per chiedere chiarimenti, e ripensamenti, ai vertici dell’Istituto. Da leggere anche la parte in cui il vicepreside racconta l’intuizione che spinse negli papa Wojtyla a fondare una scuola di “studi sulla famiglia”.

Monsignor Livio Melina

Tra le tante cose dette da Granados, sicuramente interessanti sono le ragioni per cui si dice preoccupato del licenziamento di Livio Melina (foto qui sopra), successore di Caffarra alla testa dell’Istituto e ora sostituito in quel ruolo da Pierangelo Sequeri.

Prima di riprendere le parole di Granados, è bene ricordare che Melina è nella Chiesa uno dei teologi che più di tutti si sono sforzati di elaborare una interpretazione della Amoris laetitia che sia in continuità, e non in rottura, con il Magistero cattolico sulla famiglia. Esempio luminoso di tale impegno è questo articolo apparso proprio su Tempi in cui Melina valorizza il lavoro di alcuni suoi studenti volto a “fare chiarezza” della confusione sorta intorno all’esortazione postsinodale, letta da certi ambienti progressisti come un via libera de facto al divorzio cattolico.

Ecco cosa dice Granados riguardo al congedo di Melina da parte di Paglia, un atto che «ci ha lasciati esterrefatti». 

«È particolarmente preoccupante la soppressione della cattedra di Teologia morale fondamentale, che era tenuta da monsignor Melina. È rimasta attiva per 38 anni, vi ha insegnato il cardinal Caffarra. Si può dire che è essenziale per l’opera dell’Istituto, tenuto conto che Wojtyla era un teologo morale e che affidò la cattedra al primo preside dell’Istituto.

È una cattedra decisiva. Se non si conoscono i fondamenti della moralità, se essi non sono ben riposti, la morale del matrimonio resta appesa per aria.

Il modo in cui si comprende la Veritatis splendor [enciclica pubblicata da Giovanni Paolo II nel 1993, ndr] darà forma al modo in cui la si pensa su determinate questioni morali, come i contraccettivi o gli atti sessuali al di fuori del matrimonio.

Dà forma anche al modo in cui si affronta la grandezza della vocazione a cui Dio chiama l’uomo e la dignità della misericordia con cui Dio rigenera l’uomo in Cristo, affinché egli possa fare il bene e vivere una vita grande e bella».

Il vicepreside poi definisce «contraddittoria» la giustificazione addotta dall’Istituto Giovanni Paolo II nel comunicato stampa di lunedì scorso per motivare la soppressione della cattedra di Melina. La materia teologia morale, si legge, è già presente nel primo ciclo di studi. 

Ribatte Granados:

«Tra le cattedre ci sono almeno altre due materie (antropologia teologica e teologia fondamentale) che sono già offerte nel primo ciclo, eppure non sembrano creare problemi. Per di più, è noto che una cattedra di natura generale, se viene riproposta un livello superiore, non è mai limitata alla ripetizione di quanto appreso nel primo ciclo. Si tratta dell’approfondimento di diversi aspetti, come si vede dai corsi offerti da Melina in anni recenti.

La motivazione offerta dunque si può spiegare soltanto come cortina di fumo. La vera e triste ragione? Non sarà il fatto che Melina… è rimasto fedele alla Humanae vitae e alla Veritatis splendor, e che la cattedra è stata eliminata allo scopo di eliminare Melina?».

Ingiusta, secondo Granados, anche la cacciata di padre José Noriega dalla cattedra di teologia morale speciale perché – così si giustifica l’Istituto nella nota del 29 luglio – «incompatibile» con il ruolo di professore, in quanto superiore di una comunità religiosa. Ma la comunità di cui si parla è composta da appena 24 membri, obietta il vicepreside, e poi tale presunta incompatibilità non è mai stata rilevata da nessuno, tanto è vero che Noriega ha potuto insegnare serenamente  all’Istituto per 12 anni. 

«Infine, padre Noriega terminerà il mandato da superiore generale nel giro di cinque mesi, cosa di cui l’arcivescovo Paglia e monsignor Sequeri sono già a conoscenza.

Se il problema è l’incompatibilità, e il suo lavoro invece è apprezzato, perché non gli garantiscono una misura prevista dai regolamenti della curia, cioè un congedo di sei mesi, eliminando così il problema? Se non è stato fatto, quali altre spiegazioni rimangono a parte l’ipotesi che sia una scusa per poter rimuovere la cattedra dedicata all’amore e al matrimonio, e sbarazzarsi della persona che ha la responsabilità delle pubblicazioni dell’Istituto? È forse perché Noriega apprezza la Humanae vitae e la Veritatis splendor?».

In un altro passaggio dell’intervista, lo stesso Granados lega in qualche modo i licenziamenti di Melina e Noriega al loro lavoro di interpretazione del magistero di papa Francesco in senso unitario rispetto alla tradizione.

«I due casi sono molto gravi in un’istituzione accademica. C’erano problemi dottrinali negli insegnamenti di questi professori? Come possono testimoniare gli studenti, e come dimostrerebbe una analisi dei loro scritti, i due sono sempre stati eccellenti nel rispetto del Magistero, compreso, ovviamente, quello di papa Francesco.

Spiegare gli insegnamenti del Papa in continuità con quelli dei papi precedenti non è solo un’opera essenziale per qualunque ermeneutica cattolica, ma è qualcosa che il Papa in persona invita a fare. E in ogni caso, se qualcuno ha pensato, nonostante tutto questo, che ci fossero problemi dottrinali nei loro insegnamenti, perché non vengono giudicati e non viene offerta loro la possibilità di difendersi?»

Anche riguardo ai possibili nuovi ingressi nell’Istituto, padre Granados non esita a fare nomi e cognomi, né a leggere tra le righe e portare alla luce intenzioni non dichiarate dai vertici dell’Istituto. 

«Adesso girano voci che verrà a insegnare il professor Maurizio Chiodi, che apre alla liceità della contraccezione e ammette gli atti omosessuali come “possibili” in certe situazioni. Se saranno ingaggiati nuovi professori della stessa linea senza seguire le normali procedure, facendo appello a una “urgenza” per la quale non viene addotta alcuna ragione, si creerà una forte tensione all’interno dell’Istituto.

Con i poteri che ha ora il Gran Cancelliere e le intenzioni che rivela rinunciando a Melina e Noriega, è solo questione di tempo perché il corpo docente sia rimpiazzato con un altro, estraneo alla visione di san Giovanni Paolo II. Per il grande Papa polacco al centro c’era sempre la fedeltà della Chiesa alla carne di Cristo, che riassume in sé il progetto del Creatore e dunque può sanare le ferite e le debolezze dell’uomo».

Foto Vincenzo Paglia: Ansa

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