Mentre si propone come mediatore del conflitto israelo-palestinese, Pechino punta al controllo dei mari, continua a minacciare Taiwan e arresta vescovi non allineati. Opportunità e rischi di un dialogo con Xi Jinping. Rassegna ragionata dal web
Il presidente cinese Xi Jinping incontra il presidente degli Stati Uniti Joe Biden a margine del G20 di Bali, nel novembre 2022 (foto Ansa)
Sul Sussidiario Leonardo Tirabassi scrive: «Sullo sfondo si muove la Cina, che a passi lenti ma continui si sta ritagliando un ruolo anche politico diplomatico, si veda la mediazione tra Iran e Arabia, e i segnali che sta lanciando, ad esempio alla conferenza di Doha, nel proporsi, anche se in modo cauto, come mediatore del conflitto israelo-palestinese forte di tre argomenti, come ha sottolineato Wang Hueiyao, direttore dell’autorevole Centro per la Cina e la Globalizzazione. La totale estraneità di Pechino a quello scontro, il passato di vittima del colonialismo occidentale, il peso dei rapporti economici nell’area. La Cina è infatti il partner commerciale più importante per i Paesi arabi e, dopo gli Stati Uniti, il partner commerciale più importante per Israele. Difficile predire il futuro; l’unica speranza è che a nessuna potenza è utile che la macchina – leggi l’economia e il commercio mondiale – si inceppi».
L’intreccio tra commercio ed egemonismo caratterizza la linea postdenghi...