
Cofferati, il massimalista borghese
Chi è Il Riformista? Se dovessimo rispondere riferendoci al nuovo giornale di Antonio Polito avremmo già la risposta in tasca, ma la realtà è ben più complessa di una testata giornalistica. Se ponessimo questa domanda all’interno delle aule parlamentari, con molta probabilità otterremmo una risposta che accomunerebbe buona parte dell’arco costituzionale. Ci sono, infatti, riformisti di destra e di sinistra ed entrambi, fedeli al significato di questo antico concetto, operano affinché attraverso alcune riforme si modelli l’inteno ambito economico e sociale. A seconda dell’orientamento politico, le riforme possono condizionare il sistema in un senso più liberista, oppure vincolarlo a dei limiti più restrittivi. In origine, la definizione “riformisti” veniva generalmente attribuita alla sinistra e tendeva a scontrarsi con un’altra posizione, ora abbandonata, che rispondeva al nome di “rivoluzionari”. L’asprezza dello scontro politico odierno sembra riproporre quell’antica differenziazione, ma in realtà si tratta più che altro del classico gioco delle parti. Durante il lancio pubblicitario de Il Riformista, il direttore Polito in un’intervista sottolineava che Cofferati non potrebbe dirsi un riformista e a sostegno di quest’affermazione ricordava la radicalità con cui quest’ultimo ha trattato la modifica dell’art.18. Per quanto Cofferati possa apparire massimalista sarebbe necessario sottolineare che egli come ogni altro sindacalista limita i propri obiettivi a pure rivendicazioni salariali e soprattutto ad una lotta per il mantenimento dei diritti (borghesi) acquisiti. In pratica il sindacato, nella più classica delle accezioni riformiste, opera per regolare il lavoro all’interno del sistema capitalistico secondo le condizioni di mercato. Tutt’altra cosa era quel movimento, che agli inizi del ’900, sotto il nome di sindacalismo, riteneva che la proprietà privata andasse sostituita con la proprietà da parte del lavoro organizzato.
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