I ministri italiani hanno stretto fiduciosi la mano al padre-padrone di Baku: sarà il gas azero a sostituire quello russo. L’aggressione del Nagorno-Karabakh è già stata dimenticata
Il presidente dell’Azerbaigian Ilham Aliyev con il ministro degli Esteri italiano Luigi Di Maio (foto Ansa)
«Consolati e consolami», mi scrive da Padova Antonia Arslan, la grande scrittrice della Masseria delle allodole, il romanzo-verità che ha fatto conoscere, più di quanto potessero fare cento volumi di professoroni, la realtà del genocidio armeno del 1915. E come posso consolarmi e consolarti? Questa guerra cominciata il 24 febbraio con l’invasione russa dell’Ucraina, ha una vittima designata che il mondo, così gonfio di (finti) buoni sentimenti, ignora: siamo noi armeni. L’incertezza sembra divorarci il futuro. Che ne sarà di noi molokani e dei nostri fratelli armeni di Yerevan e di quelli che ancora resistono in Artsakh, la repubblica indipendente occupata a metà, vessata e privata del gas dall’Azerbaigian? Alcuni tra noi sono certi di un nuovo genocidio. Io non mi rassegno, ma, cara Antonia, maestra mia di scrittura e di ideali, come posso consolarmi? Insegnamelo!
Prima però una avvertenza. Chi teme la continuazione del genocidio armeno con altri mezzi e sventolando altre bandiere, no...