
Con il Colle hanno fatto l’en-plein. Solo Silvio può sparigliare
Con l’elezione del presidente della Repubblica l’organigramma della sinistra è completato. L’Unione non ha vinto le elezioni sul piano politico, ha una maggioranza di soli 25 mila voti alla Camera ed è in vantaggio al Senato solo grazie ai voti degli italiani all’estero. Controlla la maggioranza delle Regioni, delle Province e dei Comuni. È radicata nella burocrazia, nella magistratura, nella finanza, nella stampa. Il 2006, perciò, per il paese è un 1984 orwelliano: il controllo del potere appartiene a una sola alleanza politica, che dispone di tanti mezzi di influenza. Ma la dimensione nazionalpopolare espressa dalla Casa delle Libertà, impersonata da Silvio Berlusconi, è ancora viva in Italia e si manifesterà nelle elezioni locali.
Per il Colle, la Cdl ha avuto due sole possibilità di scelta: Massimo D’Alema o Giorgio Napolitano. Nel caso di vittoria del primo si sarebbe fatto dei Ds il partito delle istituzioni, il braccio secolare del capo dello Stato. L’intervista a Piero Fassino di Giuliano Ferrara era piena di buoni propositi ma non conteneva alcun impegno concreto: semplicemente si chiedeva all’opposizione di affidarsi alla buona volontà del presidente ds. Napolitano, invece, è stato candidato solo in nome della sua militanza comunista e diessina, cioè della sua omogeneità alla maggioranza. Questo ben si comprende perché in campagna elettorale Berlusconi è stato rappresentato come l’anomalia della democrazia, nella speranza che il voto popolare liquidasse per virtù propria questa anomalia. Così però non è stato, perciò l’occupazione delle istituzioni appare l’unica risposta adeguata al responso elettorale, che è stato la dimostrazione del radicamento del centrodestra nel nord del paese e nelle aree più produttive del centro-sud. L’esistenza della democrazia in Italia dipende ora dalla vitalità dell’opposizione. Dipende da Berlusconi, quindi, che ha giocato sulla sua persona la campagna elettorale, ottenendo consensi rilevanti.
Si dice che la “questione K” è stata chiusa dall’elezione di Napolitano al Colle. Ma suona strano, perché a lungo abbiamo avuto ex Pci in tutte le cariche istituzionali, compresa la presidenza del Consiglio, eppure proprio la sinistra continua a pensare a sé come alla minoranza etica che sola può guidare il popolo immaturo sulla via del progresso economico e dell’equità sociale. Lo prova la campagna elettorale eversiva che ha condotto, e il fatto stesso che la prospettiva dell’Unione sia di costruire un partito democratico, abbandonando persino l’idea di trasformare i Ds in una socialdemocrazia. In questo consiste l’identità comunista, nel pensarsi come minoranza illuminata. La linea di Berlusconi, perciò, rimane viva contro il neoilluminismo della maggioranza, che per tutta risposta va assumendo il volto di un regime di fatto.
bagetbozzo@ragionpolitica.it
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