
Condannato a trent’anni, sentenza mai notificata. Non ha fatto un giorno di carcere
Condannato in via definitiva a trent’anni per aver sequestrato un uomo, poi ucciso dalla banda di rapinatori, non ha mai scontato un giorno di carcere e ora ha visto dichiarata “estinta la pena di reclusione per avvenuta prescrizione”. Tutto questo, perché non gli è mai stata notificata la sentenza di condanna. Un errore di un tribunale, la causa di un’incredibile storia di malagiustizia raccontata da sito Livesicilia.
I FATTI. Il protagonista della vicenda è Giovanni Di Pietro, 57 anni, originario di Catania. L’8 luglio scorso la prima sezione della corte d’appello di Catania ha emesso l’ordinanza di “risoluzione di incidente di esecuzione” che lo ha reso per sempre un uomo libero. Eppure Di Pietro è reo confesso di un grave delitto. Il 19 maggio 1978 venne rapito a Catania Franz Trovato, ventiseienne figlio di un ricco imprenditore della zona. La famiglia aveva ricevuto una richiesta di riscatto di 4 miliardi di vecchie lire, ma Franz a casa non tornò mai. Lo studente, infatti, fu ucciso pochi mesi dopo il sequestro, probabilmente preso a colpi di bastone mentre tentava di fuggire, e il corpo venne ritrovato in una stradina di campagna.
LA CONDANNA. Un anno dopo, nel ’79, a Buenos Aires in Argentina venne arrestato un italiano per rapina, furto e falsificazione di documenti: si trattava proprio di Giovanni Di Pietro, a cui la polizia sequestrò una serie di documenti, la prova che Di Pietro era coinvolto nel sequestro Trovato. La polizia italiana intanto proseguì le indagini, vennero scoperti altri nove complici dell’uomo, la banda che aveva realizzato il sequestro e di cui Di Pietro sarebbe stato il leader. Già il 10 maggio 1979 venne emessa la sentenza di condanna in primo grado per tutti e dieci, confermata in appello il 6 maggio 1981 e poi in Cassazione nel 1983.
Di Pietro fu condannato in contumacia, perché nel frattempo l’uomo era rimasto in Argentina, dove ha continuato a vivere per tutti questi anni. Libero, anche se nel 1990 l’Interpol ha fermato una seconda volta l’uomo a Buenos Aires, e questi ha ammesso di aver ideato il sequestro: è stato, misteriosamente, rilasciato. Il legale di Di Pietro, Tommaso Di Lisi ha presentato la richiesta di risoluzione incidente, e si limita a spiegare che «la pena è stata estinta per decorso del termine di trent’anni dalla data di irrevocabilità della sentenza. È tutto legittimo».
MANCATA ESTRADIZIONE. Come mai allora Di Pietro non è mai stato in carcere? Perché non gli è mai stata notificata la condanna. Nell’ordinanza di estinzione pena si legge: «Benché l’uomo fosse risultato reperibile nello stato dell’Argentina, queste autorità hanno sino ad oggi negato l’estradizione del condannato». Ma la causa potrebbe non essere la mancata estradizione, dato che nel 1987, tre anni prima che di Pietro fosse fermato la seconda volta dall’Interpol, Italia e Argentina avevano sicuramente siglato un accordo per il trasferimento dei condannati. È molto più probabile, sebbene i giudici non abbiano dato conferma ufficiale di questo, che la sentenza di Di Pietro sia andata smarrita, forse nel corso di un allegamento che negli anni ’80 distrusse l’archivio del tribunale catanese.
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1 commento
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perdonatemi ma il nostro popolo s’incazza solo perchè chi reclama per una meritocrazia reale alza troppo la cresta. no tav, no ponte, no termovalorizzatore, si alla patrimoniale, diritti, diritti, diritti, berlusconi in galera e chi sfascia in libertà perchè lo fa per la democrazia. vita, dolore dei genitori, fratelli e mogli ormai sono troppo personali per stare nel dibattito pubblico. o ci ritornano con sacrosanta prepotenza o non lo faranno più.