
Connubio tra iene stataliste e aziendali
Ogni tanto si legge di politici che pensano di costruire autostrade in Maremma o ipotizzano tracciati di strade in provincia di Milano con sprezzo del valore naturalistico, ambientale e agricolo di territori unici al mondo. Può il destino di una realtà naturale, ambientale, artistica di inestimabile valore dipendere solo dalla volontà di una segreteria di partito o di un assessore (non sempre custode e disinteressato)? È lecito che questa volontà sia esercitata a scapito di altri bisogni quali il diritto di proprietà di chi ha il terreno, il diritto all’integrità sotto il profilo agricolo e naturalistico del territorio, il diritto di cercare nuove risposte più razionali e capaci di tener conto di tutti gli interessi? Per rispondere bisogna allargare la domanda: fino a dove può arrivare la pretesa di comando di un’autorità politica, di una rappresentanza partitica, che poi si esprime in due blocchi nello stesso tempo contrapposti e disgregati culturalmente all’interno? È questa l’unica forma di rappresentanza democratica in una società complessa dove, di fatto, rappresentanze economiche (associazioni imprenditoriali, sindacali), movimenti a connotazione ideale, autonomie funzionali (es. camere di commercio), punti culturali (es. università, centri di ricerca), esperienze religiose esprimono desideri e istanze umane? Non tutti rispondono, sia ben chiaro: ci sono molti che capiscono il valore di una politica che valorizza, invece di gestire in modo esclusivo. C’è però uno strano e inquietante “matrimonio”: la vecchia concezione cattocomunista, marxista, statalista dell’assoluto predominio della politica partitica sembra sposarsi bene con una certa idea aziendalista (o neo-massonica?) per cui chi vince può gestire la cosa pubblica come proprietà privata. Non è un caso allora che personaggi con validi curricula nel campo della speculazione edilizia e della distruzione del territorio, nella pornografia d’alto e basso bordo, nell’avanspettacolo, nella frode fiscale, nell’invenzione di mai esistiti riti pagani, nella xenofobia oggi vadano per la maggiore. Se si pensa che tra i loro competitor ci sono signore bene uscite dai loro salotti per scoprire il valore dei girotondi sui marciapiedi; sindacalisti amanti del picchetto e di un costo del lavoro da repubblica di Weimar; grembiulini; ex gran commis dello Stato per cui un utente è sempre incapace di intendere e di volere; pacifisti che guardano alla Corea del Nord come a un paese faro; cattocomunisti che pensano al marxismo come un’opera di misericordia corporale; giornalisti, intellettuali e giudici nostalgici di Ceausescu; vecchi tromboni istituzionali della politica non più onesti, ma più delatori di altri c’è da stare allegri… Altro che “resistenza”. Ma guai a perdere tempo in guerre contro i mulini a vento. La verità è che la distorsione del vero dei gatti, delle volpi e delle iene sta nei nostri cuori: dobbiamo ammettere anche noi, almeno noi e continuamente, il “posso aver sbagliato” e ricominciare a farsi educare da chi può, più umilmente… nessuno “spagnolo” o “bravo” può impedire a Renzo di ritrovare Lucia.
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