Corea del Nord come la Germania nazista: «Gas tossici testati sui prigionieri dei gulag»

Secondo un rapporto di 38 North, la Corea del Nord testa le sue armi chimiche sui prigionieri. Lo hanno confermato ex guardie e detenuti dei campi di lavoro

Nei gulag nordcoreani le armi chimiche vengono testate sui prigionieri. È quanto rivela un rapporto di 38 North, sito specializzato dell’Istituto Usa-Corea della Johns Hopkins School of Advanced International Studies. La notizia è stata confermata attraverso testimonianze di ex prigionieri dei campi di lavoro e ex guardie che sono riuscite a scappare dal paese comunista guidato dal dittatore Kim Jong-un, che in occasione del suo compleanno ha regalato ai più alti ufficiali del paese il Mein Kampf di Adolf Hitler.

UCCISI COL GAS. Un ex agente di sicurezza del Campo 22 ha parlato di gruppi di persone obbligate a entrare in stanze con le pareti di vetro. All’interno vengono diffusi agenti chimici e da fuori tecnici e scienziati controllano gli effetti dei gas tossici dal vivo. «Ho visto un’intera famiglia [entrata nella stanza] morire mentre veniva diffuso un gas asfissiante. Erano in quattro, i genitori e due figli. I genitori vomitavano ma fino all’ultimo momento hanno cercato di salvare i figli facendo la respirazione bocca a bocca». L’ex agente continua: «Per la prima volta mi ha colpito vedere che anche i prigionieri erano capaci di rapporti umani».

RACCONTI PLAUSIBILI. Un membro dell’esercito ha confermato l’esistenza di questi esperimenti anche su un’isoletta nordcoreana a ovest della penisola. Secondo il rapporto è «estremamente difficile confermare in modo diretto le testimonianze» dei detenuti e delle guardie ma i racconti sono più che plausibili «tenendo conto di come sono generalmente trattati i prigionieri in Corea del Nord».

LA STORIA DI SHIN. La disumanizzazione dei detenuti nordcoreani è stata ben descritta da Shin Dong-hyuk, nato e vissuto fino a 23 anni nel Campo 14, il gulag per prigionieri politici più duro di tutta la Corea del Nord. Da qui è riuscito a fuggire e tutta la sua testimonianza (che potete leggere qui) mostra come nei gulag non ci sia spazio per i sentimenti umani e come i prigionieri vengano trattati come animali: «Quando mio fratello e mia mamma sono stati giustiziati, io avevo 14 anni ed ero in prima fila a guardare: lui è stato fucilato, lei impiccata – racconta – Le autorità del campo li hanno uccisi quando hanno scoperto che avevano cercato di scappare. E l’hanno scoperto perché li ho denunciati io».
Shin non si è sentito in colpa fino a quando non è fuggito: «Credevo fosse giusto denunciare mia mamma. Quando vedevo la gente che veniva picchiata o uccisa, pensavo che lo meritassero perché avevano violato le regole». Era stato educato così.

@LeoneGrotti

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