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Cormac McCarthy e le parole come armi per sottrarre le cose al nulla

Di Emanuele Boffi
23 Luglio 2023
Ha vissuto la sua vita sbarcando il lunario tra fienili e motel e, dopo il successo, come un eremita. È stato uno dei pochi autori del nostro tempo ad avere qualcosa da dire
Macchina da scrivere
Foto di Chris Hardy per Unsplash

A Tempi abbiamo amato Cormac McCarthy dal giorno in cui ci imbattemmo nel suo abbeveratoio:

«Quando uscivi dalla porta del retro di casa, da un lato trovavi un abbeveratoio di pietra in mezzo a quelle erbacce. C’era un tubo zincato che scendeva dal tetto e l’abbeveratoio era quasi sempre pieno, e mi ricordo che una volta mi fermai lì, mi accovacciai, lo guardai e mi misi a pensare. Non so da quanto tempo stava lì. Cento anni. Duecento. Sulla pietra si vedevano le tracce dello scalpello. Era scavato nella pietra dura, lungo quasi due metri, largo suppergiù mezzo e profondo altrettanto. Scavato nella pietra a colpi di scalpello. E mi misi a pensare all’uomo che l’aveva fabbricato. Quel paese non aveva avuto periodi di pace particolarmente lunghi, a quanto ne sapevo. Dopo di allora ho letto un po’ di libri di storia e mi sa che di periodi di pace non ne ha avuto proprio nessuno. Ma quell’uomo si è messo lì con una mazza ed uno scalpello e aveva scavato un abbeveratoio di pietra, che sare...

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