Corpi e anime (ma non da manager)
Il dottor Ettore Vitali è primario cardiochirurgo all’ospedale Niguarda di Milano. A lui chiediamo un parere anche in base alle osservazioni (qui
a p. 7) dell’associazione Medicina&Persona.
Dottor Vitali, da più parti si ritiene che ormai l’ingerenza statale nel campo medico abbia oltrepassato il segno. Il nostro sistema nazionale soffre troppo sotto la cappa statale?
Non è solo un problema burocratico e statale. Certamente il sistema sanitario nazionale italiano è “sovietizzato”. Ma questo malessere è diffuso. Esistono decine di articoli pubblicati in letteratura medica che parlano dello scontento dei medici anche fra coloro che svolgono la libera professione. Il problema è, da un lato, economico, di risorse. La medicina oggi è costosa, siamo nell’era della medicina tecnologica che richiede un continuo aggiornamento. D’altro canto esiste oggi un’aspettativa da parte dei pazienti che sconfina ormai nell’assurdo. Esiste oramai una cultura che pretende che l’uomo debba vivere sempre, anche oltre i limiti imposti dalla natura. Mentre un ritorno alla professionalità medica, intesa come rapporto con il paziente, sarebbe necessaria. Ma sarà un passaggio difficile da attuare perché siamo veramente condizionati da regole economiche che andrebbero bypassate liberando i medici dalla gestione dell’azienda ospedaliera. Occorre chiamare dei professionisti, dei manager che, in collaborazione con lo staff medico, curino tutta la parte economica-gestionale. Così anche il medico sarebbe libero di svolgere la propria professione e non costretto a improvvisarsi “gestore di risorse”.
Oggi il rapporto paziente-medico sembra ridotto a semplice intervento meccanico di chi cura su chi sta male. Addirittura c’è chi teorizza che il medico debba rimanere insensibile e neutrale davanti al proprio assistito.
Questo è uno dei problemi del malessere del medico. Cercare di riappropriarsi di questo tipo di rapporto è importante e serve un passo in avanti sia da parte del medico che del paziente. Oggi siamo nell’“era del clone” e i pazienti chiedono spesso ai loro medici di restituirgli ciò che non è nella possibilità della medicina di restituire. Ad un convegno di Medicina&Persona, Giancarlo Cesana, ha detto che «la medicina è un dono, non è un diritto come è scritto nella Costituzione». Il diritto è farsi curare, ma al medico non si possono chiedere i miracoli, gli si può chiedere di fare bene il proprio lavoro. Un lavoro che va fatto bene sotto un punto di vista tecnico e sotto uno “umano”. All’interno delle “risorse economiche fisse” viene teorizzato che il costo principale è il costo del personale. Ciò significa che, per risparmiare, il personale viene sempre più ridotto, e viene sempre più ridotto quell’aspetto, non ritenuto essenziale nella nostra professione, che è il rapporto con il paziente. Nel mio lavoro spesso mi trovo a dover parlare di vita e di morte, devo avere il tempo di sedermi al letto dei miei pazienti. Non sono questioni secondarie sacrificabili in nome di ragioni economiche.
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