
Così l’Euroburocrazia ha distrutto Lisbona
È ormai risaputo che l’investimento in capitale umano, tradizionalmente inteso come incremento della capacità lavorativa e professionale ottenuto attraverso istruzione e formazione professionale, porta a un incremento della produttività: si stima che un aumento dell’istruzione media di un anno nei paesi Ocse possa provocare, nel lungo periodo, un incremento stabile dell’output economico del 3-6 per cento. Nonostante questo, il documento “Facing the challenge”, presentato alla Commissione il 3 novembre 2004, unitamente al working paper “Progress towards the Lisbon Objectives in Education and Training” e al Rapporto Ocse relativi alla Strategia di Lisbona nel 2000, mostrano che diventare, nel 2010, la regione del mondo con il più alto investimento in capitale umano sembra ormai utopico.
Il motivo principale di questo insuccesso sembra essere l’assenza di un’azione politica con obiettivi chiari (che non contiene inoltre incentivi o sanzioni capaci di indurre i governi a seguirla seriamente) e la mancata volontà di scommettere sulla libera iniziativa.
L’accordo raggiunto durante il Consiglio europeo del 15-17 dicembre 2005 sul bilancio Ue 2007/2013 prevede un’allocazione complessiva di 72,12 miliardi di euro per la rubrica dedicata alla strategia di Lisbona. Sulla base di tale proposta, avanzata dalla presidenza britannica, ma già respinta dal Parlamento europeo, esiste il forte rischio che alcuni settori prioritari per Lisbona (reti transeuropee, ricerca, competitivitá, innovazione, istruzione e formazione) possano essere penalizzati. Allo stesso modo, altri obiettivi, quali l’investimento in istruzione e ricerca, l’eliminazione di ostacoli per le Pmi e il potenziale imprenditoriale, l’incremento della popolazione attiva, la garanzia dell’approvvigionamento efficiente, sicuro e sostenibile dell’energia, appaiono utopici.
Per questo motivo un personaggio autorevole come Mario Monti, ex commissario a Bruxelles, ha affermato che la strategia di Lisbona è «un’ottima idea, ma finora di modesta efficacia», volendo sottolineare come la crescita economica e occupazionale sperata non si sia realizzata.
La mancanza di un tale tipo di scelta è in parte dovuta all’incapacità di valorizzare i “capaci e meritevoli”. Su questo punto l’Unione Europea, egemonizzata dai governi e dalla burocrazia, è agli antipodi degli Usa e ha pensato, come altre volte, di raggiungere i suoi obiettivi in modo burocratico e centralistico, senza il fondamentale coinvolgimento dei cittadini, della libera iniziativa e della sussidiarietà orizzontale.
* presidente Fondazione per la Sussidiarietà
(Da “Emergenza educazione. Alla scoperta dell’io”, numero 1/06 di Atlantide, trimestrale di apprendimento culturale della fondazione)
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