
«Così Erdogan cerca di farla pagare ai suoi “oppositori”. In Italia»

La longa manus di Recep Tayyip Erdogan ha raggiunto tutta Europa e l’Italia non fa eccezione. Il referendum costituzionale in Turchia è alle porte (si vota domenica 16 aprile) e gli ultimi sondaggi danno il Sì in vantaggio di uno o due punti percentuali. Se andrà così, il presidente islamista potrebbe diventare un nuovo sultano e assumere poteri inediti nella Repubblica laica fondata da Atatürk.
La campagna elettorale è stata urlata e violenta. Erdogan ha titillato il nazionalismo turco soffiando sul fuoco delle tensioni religiose, accusando l’Europa di essere un covo di «nazisti crociati islamofobi» che vogliono impedire alla Turchia di tornare grande come ai tempi degli ottomani. Allo stesso tempo ha perseguitato, in patria e in Europa, i concittadini colpevoli di “gulenismo”, cioè di seguire il religioso musulmano Fethullah Gülen, accusato di essere l’organizzatore del fallito colpo di Stato di luglio. Se in Turchia già 130 mila persone sono state licenziate e 47 mila arrestate, Erdogan non si è dimenticato dei turchi all’estero, sguinzagliando i consolati in tutta Europa alla caccia di traditori e disertori.
In Belgio le famiglie che mandano i figli in scuole “guleniste” sono state minacciate, altri sono costretti a vivere nascosti e sotto scorta per paura di essere rapiti e rimpatriati a forza dai servizi turchi. In Olanda il consolato ha invitato i 250 mila turchi residenti nel paese a denunciare i traditori (da leggere nel prossimo numero di Tempi, in edicola da oggi, l’intervista di Rodolfo Casadei alla giornalista scorrettissima Ebru Umar, turca olandese, antislamica, perseguitata per avere insultato Erdogan). Anche in Italia però il presidente islamista si fa sentire. Prima l’ambasciatore turco a Roma ha scritto ai Comuni italiani per intimare di non usare più l’espressione “genocidio armeno” con argomentazioni risibili, poi i consolati hanno iniziato a «farla pagare» ai gulenisti italiani, come rivela a tempi.it Fatih Camlica, presidente turco dell’Associazione interculturale Alba, nata a Milano nel 2003 con l’intento di «costruire ponti di amicizia tra i popoli».
Dottor Camlica, in che modo Erdogan cerca di «farla pagare» ai “gulenisti” italiani?
Ogni giorno tramite i media o i social siamo testimoni delle ingiustizie che subiscono i sostenitori del Movimento di Gülen, che promuove la pace e la tolleranza nel mondo. Anche in Italia si verificano situazioni del genere ogni giorno. Il consolato turco nega ai sostenitori di Gülen ciò che spetterebbe loro di diritto: fare le procedure più semplici e basilari per i passaporti o registrare i figli nati in Italia è diventato impossibile. Pur non essendoci alcun procedimento legale nei confronti di queste persone, viene loro negata qualsiasi procedura consolare.
Ci sono anche casi di violenza?
Il centro culturale di Modena del Movimento di Gülen che ha come missione la promozione dei valori umani è stato vittima di un attacco alla struttura. Le autorità italiane hanno provveduto subito a prendere il controllo della situazione.
Erdogan vincerà il referendum?
A prescindere dal risultato, non penso che cambierà molto in Turchia: già oggi tutte le leggi vengono approvate in stato di emergenza. Se vincesse il Sì, però, molti impedimenti costituzionali diventerebbero legali. Ciò che oggi è illegale, sarà permesso e il governo non potrà più essere chiamato a rispondere davanti alla giustizia.
Gülen è davvero un «golpista», come sostiene il presidente turco?
Chiunque può leggere le dichiarazioni di Gülen sui media. Ha chiesto espressamente «che una commissione internazionale indipendente possa decidere se effettivamente il mio movimento è stato a capo del golpe». Inoltre i servizi segreti tedeschi e inglesi hanno già chiarito che il colpo di Stato è stato orchestrato e che il Movimento di Gülen non c’entra. Se poi alcuni militari sono coinvolti, non c’è motivo di accusare un intero gruppo e di perseguitarlo. Eppure è ciò che sta accadendo: persone e istituti che non avevano nessuna colpa sono diventati vittime designate.
È preoccupato per il suo paese?
Sì, e non solo io. Chiunque sostenga nel mondo i diritti civili è preoccupato. Chi è stato licenziato per decreto non trova più lavoro. Quanti bambini sono rimasti senza genitori, perché incarcerati? Quanti studenti sono stati privati del diritto allo studio? Gli alunni che andavano nelle scuole vicine al Movimento di Gülen, oggi chiuse, sono stati trasferiti in altri istituti ma vengono bersagliati come “coloro che provengono da quelle scuole”. Tutto ciò è contro la legge. Queste persone sono colpevoli solo di aver sostenuto i princìpi di pace e tolleranza nel mondo e per questo sono incarcerati senza alcuna sentenza di tribunale. Persino i parenti o cugini di chi è stato licenziato o imprigionato sono visti come “terroristi”. Tantissimi sono stati costretti a lasciare il paese, le loro case e i loro cari per mettersi in salvo. Tanti accademici, professori, dottori, uomini d’affari e studenti si sono visti togliere illegalmente tutte le loro possibilità e si trovano costretti a lavorare, se ci riescono, in condizioni difficili. Chi non sarebbe preoccupato?
Foto Ansa/Ap
0 commenti
Non ci sono ancora commenti.
I commenti sono aperti solo per gli utenti registrati. Abbonati subito per commentare!