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Appesa a una parete della redazione c’è la copertina del numero zero di Tempi, 28 agosto 1995, con un grande disegno a tutta pagina di Marco Cirnigliaro: un omino in giacca e cravatta – che ha tutta l’apparenza di essere un giovane e scapigliato Amicone – combatte con un dinosauro, bloccandogli le fauci con una penna stilografica.
Già allora c’era da guerreggiare per non farsi fagocitare da un mondo dell’informazione cui piace baloccarsi di tutto, ma sempre con cattive intenzioni: tante prediche, poca misericordia e senso dell’umano, moltissimo moralismo col coltello tra i denti. Soprattutto, in quel suo primo numero, nell’editoriale Tempi esprimeva l’intenzione di avere come unico faro nel raccontare la contemporaneità il motto dantesco «nomina sunt consequentia rerum», contrapponendosi così all’andazzo gaio e nichilistico generale, ben rappresentato dalle migliaia di turisti che visitavano ogni anno nel Galles del Nord un paesino sperdu...
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