
Crisi dell’Europa o dell’uomo europeo?

Da quando la lessi, mi rimase impressa una frase fulminante di Antonio Rosmini: «Chi non è padrone di sé, è facilmente occupabile». Chiunque non sia in grado di sostenere la propria libertà e la propria responsabilità di uomo, presto o tardi verrà letteralmente occupato da questa o quell’ideologia. Lo confermano gli orrori che lo stesso mondo occidentale ed europeo ha creato nel corso del Novecento. Nazionalsocialismo e comunismo costituiscono il tradimento di una vera fede (trascendente): queste religioni secolari hanno messo in luce la superbia dell’uomo, il suo tentativo di costituirsi come tutto, senza riconoscere alcun limite.
Europa senz’anima?
La crisi dell’Europa – non dell’Unione europea, almeno per come è ora, pare altra cosa: a proposito, a breve uscirà su Lisander il nuovo focus proprio su questo tema, con il saggio iniziale di Robi Ronza – è allora prima di tutto una crisi dell’uomo che la abita. Una crisi forse sempre presente. I totalitarismi, del resto, hanno evidenziato come l’Europa e il mondo occidentale siano costitutivamente fragili. Non basta parlare di ragione e Illuminismo per assolvere il gravoso compito di sostenerne le fondamenta. La ragione di per sé non ha la capacità di reggere tutto il peso. È la fede, non un’antagonista, ma la sua controparte, ad avere le risorse per dar vita a un fertile binomio. Benedetto XVI ha scritto pagine importanti nell’enciclica Deus Caritas Est (2005): «La fede (…) è una forza purificatrice per la ragione stessa (…). La fede permette alla ragione di svolgere in modo migliore il suo compito e di vedere meglio ciò che le è proprio». Fede e ragione non si trovano in un rapporto di reciproca esclusione, bensì di conflittuale dialogo e sinergica azione: insieme costituiscono una potente alleanza contro la superbia umana.
Poco tempo fa, Marcello Pera scrisse di questo in riferimento a quanto lasciò in eredità Sant’Agostino (Lo sguardo della caduta. Agostino e la superbia del secolarismo, Morcelliana, 2022). Ora Scholé pubblica una sorta di conversazione tra Pera e Dario Antiseri: Europa senz’anima? Politica, cristianesimo, scienza. In forma dialogica, gli autori si chiedono cosa ne sia dell’Europa, a causa della superbia della ragione a scapito della fede e del cristianesimo. I due filosofi della scienza sono amici da decenni e condividono una prospettiva basilare comune. Tuttavia, Pera risulta assai più critico nei confronti della contemporaneità e di quello che, in maniera forse troppo elastica, chiama liberalismo. Entrambi, però, notano come l’Europa si trovi in crisi perché si vergogna di una delle sue radici fondamentali, quella cristiana.
Ragione e fede
Un pensatore europeo, Wilhelm Röpke (1899-1966) – cristiano protestante, ma amico del cattolicesimo, e liberale – aveva già visto bene a proposito del rapporto cruciale tra cristianesimo, liberalismo ed Europa. In un articolo del 1948, “Crisi e rinnovamento del liberalismo”, Röpke notava come il mondo contemporaneo fosse sempre più mascherato di ideologie, ovvero tentazioni di ridurre la complessità del reale in semplicistiche formule terrene. La crisi della società era per lui la crisi del liberalismo, e dimostrazione ne era quanto avvenuto nella prima metà del Novecento. Il liberalismo per Röpke non è solo figlio dello spirito critico greco e del suo razionalismo responsabile, ma anche del cristianesimo il quale ha «compiuto l’atto rivoluzionario di sciogliere gli uomini, come figli di Dio, dalla costrizione dello Stato» e di qualsiasi autorità terrena che si vuole assoluta.
In sostanza, quando parliamo di crisi dell’Europa parliamo, prima ancora, di crisi dell’uomo europeo e della sua dignità, lesa da qualsiasi forma di divinizzazione terrena. Se la ragione costituisce un potente elemento da porre in argine contro la presunzione dell’uomo, d’altro canto quest’ultimo ha dimostrato spesso di essere assai debole nel resistere alle tentazioni. Ecco perché la fede è così importante: ricorda all’uomo che, in fondo e pur data la sua capacità di discernere con ragione e creare con intelligenza, rimane poco più che polvere.
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