De Magistris affondato dal “metodo de Magistris”. Ottimo editoriale di Polito sul Corriere (con postilla)

Di Redazione
29 Luglio 2013
Dalle accuse (inconsistenti) che gli vengono mosse, il sindaco di Napoli si difende con frasi che «più che vergognose». Il declino dell'ex pm (che anche il Corriere ha creato)

De Magistris non poteva che finire così. Non poteva, cioè, che finire divorato da quello stesso male che egli ha usato per fare carriera: l’uso della giustizia a fini politici. Ora è lui, in una sorta di nemesi storica, a pagarne la conseguenze. Una magra consolazione (per noi) che del sistema mediatico giudiziario ne paghiamo tutti i giorni le conseguenze, con una paese bloccato da inchieste e “scandali”, spesso creati ad arte per scopi tutt’altro che trasparenti.
Lo nota oggi Antonio Polito sulla prima pagina sul Corriere della Sera, con un editoriale che merita di essere letto.

ARANCIONE SBIADITO. Scrive Polito: «L’ultima ad andarsene è stata “zia Pina”, assessore allo Sport, pasionaria dell’Italia dei Valori, accusata di aver tolto le multe al cognato, giudice del Tar e sindaco di un comune dell’hinterland. Con la signora Tommasielli, la giunta che fu “arancione” e rivoluzionaria di Luigi de Magistris ha perso il suo decimo componente su dodici in appena due anni di governo. E tra i due rimasti ce n’è un altro in bilico, il vice sindaco Tommaso Sodano, a sua volta indagato per una consulenza finita a una conoscente. Nel maggio del 2011, a poche ore dalla elezione a sindaco di de Magistris, il Corriere aveva profetizzato che Napoli si sarebbe stancata presto anche del suo ultimo Masaniello, l’ennesimo pubblico ministero che si era buttato in politica illudendo gli elettori di salvare la patria facendole la morale. Ma nessuno poteva prevedere che la decapitazione politica del sindaco-Masaniello sarebbe stata allestita proprio in Procura, dai suoi ex colleghi, e a colpi di codice penale, degradando a politicante qualsiasi l’uomo che aveva promesso di rivoltare la politica come un calzino».

UNA FRASE VERGOGNOSA. Il paradosso è che di fronte a questi attacchi, il nostro de Magistris come ha reagito? Ha reagito nello stesso modo di quei tanti che fino a ieri dipingeva come farabutti, come uomini di malaffare che tentavano in ogni modo di “fuggire” dalla giustizia. Anzi, scrive Polito, il sindaco di Napoli ed ex pm ha fatto pure peggio. Ha detto che non si farà «condizionare né dalla camorra né dalla magistratura». Nota giustamente Polito: «Detta da un ex magistrato», è una frase «un po’ più che vergognosa».

HA STUFATO I NAPOLETANI. Il fatto da rilevare è che le accuse contro de Magistris sono inconsistenti e superficiali. Gli si contesta di aver usato i soldi del Comune di Napoli per organizzare grandi eventi anziché rimettere a posto le strade. Fosse anche giusta tale contestazione, che c’entra la magistratura? Sono i pm che devono decidere come deve spendere i soldi un sindaco? Allora che è stato eletto a fare? Tale contestazione è, scrive Polito, è «un giudizio perfettamente legittimo se ad esprimerlo sono gli elettori, ma che c’azzeccano i pm, verrebbe da dire citando uno del ramo».
Così il nostro “giggino” si ritrova a esser vittima di quel “sistema” che lui stesso per anni ha usato. E ha usato per fare carriera, per stare sulle prime pagine dei giornali, per arrivare a essere sindaco di Napoli.
La verità, nota acutamente Polito, è che  «indipendentemente e prima delle inchieste, la stella del sindaco che voleva “scassare tutto” era già tramontata nell’unico tribunale che può decidere la sorte di un eletto del popolo: nell’opinione pubblica. La povertà desolante di progetti, l’incapacità amministrativa, l’arroganza personale che lo ha portato a rompere subito con i migliori uomini della sua amministrazione, la subordinazione di ogni scelta all’obiettivo di una carriera politica nazionale presto evaporata nel flop della lista Ingroia, hanno stufato i napoletani».

UNA POSTILLA. L’unico aspetto che, a parere nostro, manca nell’analisi di Polito, è la puntualizzazione che de Magistris non si è creato da solo. Come per Antonio Di Pietro, come per Antonio Ingroia, come per Beppe Grillo, chi ha dato loro il palcoscenico da cui urlare le proprie inconsistenti accuse? Non fu il Corriere a mandare un suo inviato a Parigi per intervistare l’allora pm dandogli un’intera pagina per esporre le sue deliranti teorie sulla “strategia della tensione” in Italia?
Che le inchieste dell’ex pm fossero vapore acqueo era chiaro fin da subito. Non servivano anni per rendersene conto. Polito, in verità, da direttore del Riformista, queste cose le ha sempre sostenute, anche quando era scomodo dirle e scriverle. Ma il giornale su cui editorialeggia oggi, no.

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