Del Turco: «Ora ci si accorge che dicevo la verità? Intanto mi hanno rovinato»

Di Chiara Rizzo
03 Febbraio 2012
L'ex governatore dell'Abruzzo, che fu costretto alle dimissioni in seguito a un presunto scandalo sanitario, racconta: «Sono triste. Mi hanno cacciato dalla finestra. Che oggi sia Violante a dover spiegare a Veltroni come si fa i garantisti, la trovo un'ironia del destino».

Ottaviano Del Turco ha ricevuto in questi giorni diversi messaggi di solidarietà, dopo che l’Unità, e in seguito anche il Corriere della Sera, hanno ripercorso la sua vicenda giudiziaria. Era il governatore della Regione Abruzzo, nel 2008, quando venne travolto dalla clamorosa inchiesta nata a Pescara e guidata dal procuratore capo Nicola Trifuoggi. Si parlava di una montagna di prove schiaccianti contro il governatore: foto addirittura delle presunte tangenti intascate da Del Turco e versate da un imprenditore della sanità privata, Vincenzo Angelini. Del Turco venne chiuso in carcere per 28 giorni: poi messo ai domiciliari per tre mesi. Poi è iniziato il processo: e sono passati gli anni. Perché la «montagna di prove schiaccianti» è franata miseramente nel nulla. Le foto? Taroccate secondo alcune perizie. I soldi delle tangenti? Mai, mai trovati: non c’è prova di nulla. Lo stesso accusatore chiave, Angelini, anzi, è stato messo sotto processo per bancarotta fraudolenta.
Ora alcuni giornali rivedono la vicenda sotto un’altra ottica: quella del clamoroso errore giudiziario, ma soprattutto di una vicenda esemplare anche per rivedere a sinistra i rapporti politica-giustizia. «Eppure sono triste» risponde a tempi.it Del Turco: «Mi fa specie che per capire i danni di quella che è stata definita la giuristocrazia, della tendenza a distruggere l’avversario con un’inchiesta e ben prima della condanna, sia stata necessario distruggere la vita di una persona; la mia vita politica e la mia vita privata. Ora ci si accorge che dicevo la verità?».

L’Unità ha dedicato un’ampia inchiesta alla sua vicenda. Finalmente viene rivista la sua posizione? Come l’ha presa?
L’ho presa bene, perché L’Unità ha letto tutti i documenti: sulla base di questa inchiesta e dopo uno studio attento delle carte è arrivata alla conclusione che non è vero che c’è una montagna di prove contro di me. Mi sembra una prova di serietà giornalistica, una lezione. Emile Zola per scrivere il suo J’accuse nel caso Dreyfus, studiò molto e non improvvisò nulla. È così che si dovrebbe fare.

In un’intervista, Luciano Violante dichiara: «Se si è trattato di un errore siamo di fronte ad un errore grave: è finita in carcere una persona innocente, la si è ricoperta di infamia, è caduto un governo regionale». Come giudica questa posizione di Violante? Pensa che stia cambiando qualcosa a sinistra nel modo di concepire i rapporti tra giustizia e politica?
Non lo so. È una verifica che spetta ai partiti fare. Penso che questa di Violante sia una riflessione diversa da quella presa dal Pd in questi anni, ma certo che tocchi a Violante spiegare ad un Veltroni come si fa i garantisti, la trovo un’ironia del destino.

Anche Antonio Polito, sul Corriere della Sera, ha ripreso la sua vicenda indicandola come una lezione per la sinistra. Anzitutto a non emettere “sentenze” su un uomo, all’inizio delle indagini e prima di una condanna, distruggendo la sua vita e la carriera politica. Ma anche una lezione, perché non si pensi di ribaltare il risultato elettorale tramite inchieste giudiziarie. Lei è stato costretto alle dimissioni, immediatamente all’apertura dell’inchiesta. Alle nuove elezioni vinse il centrodestra: secondo Polito la sua vicenda è un po’ il rovescio del sogno che la sinistra ha rispetto a Berlusconi.
Polito è un gran editorialista, il suo riconoscimento sulla mia vicenda lo considero un atto di onestà intellettuale. Quando sono stato eletto, il 60 per cento degli abruzzesi mi aveva scelto come presidente della Regione. Quei voti sono stati cancellati in un giorno. Questo è un serio problema della democrazia italiana, se si può usare la pratica della carcerazione preventiva in ogni caso in cui si vuol mettere in discussione un voto popolare, e lo si può fare con così tanta facilità, senza nemmeno dover avere le prove concrete della corruzione, come nel mio caso… 

Alla Camera è passato l’emendamento per la responsabilità civile dei magistrati, eppure il Pd si è detto contrario. Pensa che la responsabilità dei magistrati possa cambiare qualcosa, o serva una revisione da parte della politica sui suoi rapporti con le inchieste giudiziarie?
Sa una cosa? Mi colpisce di più che i magistrati protagonisti del più scandaloso errore giudiziario d’Italia, il caso Tortora, siano stati promossi anziché rimossi. Tutti in questi giorni pensano che io debba essere contento perché ci si accorge dopo tre anni che non c’è nulla contro di me, come ho sempre detto. Ma la realtà è che invece sono triste: nessuno pensa al fatto che sono stato cacciato nemmeno dalla porta ma da una finestra. E per di più, per accorgersi solo dopo tre anni e mezzo, che io avevo sempre detto il vero?

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