
“Delle cose ultime”, conversazioni su Dio nella tv senza dio (share)
A dirla in breve, la maestà delle cose ultime, costumate dunque, senz’altro ammodo e certamente encomiabili, ha sempre faticato a integrarsi nella tv analogica un po’ smutandata delle “cosette” benedette dallo share. Per questo quando gli è frullata questa idea “delle cose ultime”, Roberto Fontolan è andato sparato da Marco Giudici, direttore di RaiSat Extra, uno che degli interessi di bottega se ne frega e che nella periferia dei tubi catodici ha dichiarato non gradita la spettacolarizzazione di ciò che Aldo Grasso ha già ribattezzato «tv impazzita». Così nascono le prime Conversazioni televisive sulle grandi religioni, un’ora di dibattito sotto telecamera tra coppie di giornalisti e religiosi, dal 7 ottobre, ogni sabato alle 22 e 30 su RaiSat Extra. Gli ingredienti della sincerità e dunque dell’antitelevisività ci sono tutti. Il risultato, in tempi di scontri di civiltà e talk show stile assemblee di confederati, è più che istruttivo.
Chiostro di una chiesa, tre sedie, il patriarca di Venezia Angelo Scola discute con Eugenio Scalfari e Franco Cordelli di cristianesimo. Per farlo, al fondatore di Repubblica sembra però indispensabile incensare il proprio agnosticismo, ché lui «non sono laico in senso politico: io sono proprio ateo. E francamente a 82 anni non voglio né mi auguro di cambiare» e «non sento affatto il bisogno di chiedermi se c’è una x che mi ama» (s’intromette Scola: «Un’esperienza dell’amore ce l’avrà pure!», «Sì, ma non sta certo su una nuvola» è la risposta) e che non può fare a meno di commentare così la prospettiva cristiana della resurrezione dei corpi: «Una durata permanente deve essere di una noia mortale».
Sinagoga, il rabbino Giuseppe Laras risponde sull’ebraismo alle domande di Bianca Berlinguer e di un kippahto e sorpreso Bruno Vespa: «Mi sta dicendo che la fisiognomica del Cristo è stata deliberatamente artefatta?». Laras: «Sì, nel periodo paolino e soprattutto nell’ambito dell’ellenismo per farne una figura universale.». «Universale o non ebraica?». «Entrambe le cose».
Interno di una moschea, lo shaykh Adb al-Wahid Pallavicini discute di ebraismo con Vittorio Feltri e Lorenza Foschini. Feltri: «Voi non avete un clero, ma vi vestite come se ne foste parte». Pallavicini: «Proprio perché non abbiamo un clero ci rifacciamo all’abito della tradizione, la tunica». «E la barba lunga?». «L’uomo è barbuto, questa è la sua natura. E noi non la rifiutiamo». «E allora le unghie?». Shaykh sorride: «Le tagliamo perché non vorremmo diventare graffianti.». «E che ne facciamo di quelli che abiurano? Li facciamo secchi o li lasciamo vivere?».
Sono solo alcuni, brevissimi, assaggi dall’anteprima del programma che proseguirà col monaco buddista Raffaello Longo alle prese con Gad Lerner e Franca Giansoldati, e di Svaimi Hamananda Giri che concluderà le Coversazioni parlando di induismo con Aldo Cazzullo e Lucia Annunziata. Da vedere. Pare infatti che senza il dio share l’eresia delle cose ultime sia tutt’altro che scongiurabile. E che la messa a tema di ciò che rende radicalmente diversi dia luogo a piccoli grandi incontri di civiltà. Qualcuno dovrebbe pensarci laggiù nella tv generalista.
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