Deplorano la pedofilia o il celibato?

Di Gianni Baget Bozzo
16 Maggio 2002
Leggo il bel settimanale inglese The Tablet, e vedo che il problema dei preti pedofili, o meglio efebofili, tiene banco

Leggo il bel settimanale inglese The Tablet, e vedo che il problema dei preti pedofili, o meglio efebofili, tiene banco. L’editoriale della rivista chiede un terzo Concilio vaticano per trattare il problema della condizione del clero. Il presupposto del ragionamento è questo. a) vi sono molti omosessuali nella Chiesa; b) questi omosessuali divengono potenziali efebofili. La tesi della rivista non è che solo straight men (cioè sicuri eterosessuali) possano diventare preti. Il che sarebbe ridicolo, come se un candidato prete dovesse dare prova della sua efficienza come eterosessuale prima di essere ammesso al sacerdozio. Al ridicolo ci si ferma. Però le tesi correnti dei nuovi clerologi sono contraddittorie. Una sostiene che sono soprattutto gli omosessuali a farsi preti, e che la Chiesa è una istituzione retta da omosessuali. L’altra afferma che l’educazione al celibato rende pedofili. In ogni caso la tesi è semplice: la verginità è impossibile ed è essa ad essere contro natura. L’omosessuale per inclinazione naturale non può non divenire efebofilo, l’educazione al celibato non può che rendere efebofili. In sostanza, il sesso non fa parte della libertà, ma della necessità. Vi è una sola lettera nel Tablet che dà un suono diverso, è di un anglicano che testimonia il coraggio e la fermezza di preti omosessuali nel mantenersi casti. Leggo il Regno, il settimanale dei dehoniani di sinistra, quelli per cui Prodi è un semidio. Anch’essi sguazzano sull’efebofilia ecclesiastica senza dire una sola parola in senso favorevole al celibato. Io credo che mancherebbe un passo a questi nemici del celibato ecclesiastico, elogiare i preti concubinari. Con le loro donne sembrano la coppia ecclesiastica del futuro. E del resto Vocatio la rivista dei preti sposati, si pone proprio in questa prospettiva. Sostenere queste tesi significa affermare che la verginità è impossibile, che la grazia non perfeziona la natura, che non rende possibile la castità perfetta. Ciò significa colpire a morte il Cattolicesimo, e non solo quello tridentino. Non è una panacea la soluzione della libera scelta dei preti. Con questa logica, coloro che non si sposano sarebbero tutti sospettati di essere dei potenziali efebofili, perché omosessuali reali. Quel che importa notare è che la negazione della possibilità del celibato ecclesiastico afferma l’impotenza della Grazia. Ecco dove ci ha condotto la teologia postconciliare delle opere assistenziali come unica forma del Cristianesimo, la sua riduzione a mera etica sociale. Liquidare il celibato ecclesiastico con il fatto che esso è opera di omosessuali che diverranno efebofili o di eterosessuali che saranno indotti dalla educazione alla verginità a divenirlo comporta non solo una questione morale ma una questione dottrinale, è un articolo stantis seu cadentis Ecclesiae. Eppure su questo punto regna il silenzio, non ho letto alcun articolo in difesa del celibato ecclesiastico in nessuna rivista cattolica, nemmeno su Tracce.

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