
Di sinistra o solo antiberlusconiani?
L’opposizione al governo Berlusconi, viene definita convenzionalmente “di sinistra” (a volte addirittura “comunista”), nonostante questa connotazione politica sia, nella realtà, elusa e smentita sistematicamente nelle ragioni di fatto. Prendiamo in considerazione il blocco delle tariffe. Le contestazioni uliviste sembrano esprimere più il punto di vista dei mercati azionari che non quelli dei soggetti “deboli” della nostra società. L’operazione viene bollata come “statalista”, come “dannosa per coloro che intendono investire in quei settori”. In sostanza in nome della libertà di mercato il centrosinistra attacca da destra il governo. Un’opposizione di sinistra, invece, contesterebbe il provvedimento, cercando di metterne in luce l’aspetto ininfluente e demagogico. Chiederebbe tutt’al più di mettere sotto controllo tutte le tariffe ed eventualmente si farebbe promotrice d’iniziative tese ad ottenere la possibilità di bloccare possibili accordi di cartello (si pensi alle assicurazioni) stipulati per tenere alti i prezzi. Se si esclude la particolarità del Prc però, l’opposizione si caratterizza a sinistra soltanto nominalmente. Anche il ricorso alla piazza, che formalmente ricorda la radicalità socialdemocratica, nella realtà prende le mosse da un’avversione individualistica nei confronti del capo del governo. Figli di quest’impostazione sono le spinte giustizialiste dei girotondi e l’ossessione tecnocrate per i parametri di Maastricht. Lo stesso Cofferati mentre invoca lo scontro sociale non va oltre il moderatismo dell’impianto ulivista, che in fin dei conti è quello che ha spalancato le porte alla flessibilizzazione del mondo del lavoro. L’errore originale è quello di non aver compreso che è insufficiente esprimere posizioni opposte a quelle di Berlusconi per essere di sinistra. Sino a quando prevarrà quest’impostazione, l’opposizione sarà incapace di produrre una reale alternativa economica e sociale.
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