
Dieci storie per raccontare come abbiamo calpestato la figura del padre

Padri calpestati. Dieci storie di uomini separati, libro appena pubblicato da Effatà editrice (176 pagine, 13 euro), lascia trasparire attraverso testimonianze autentiche e dirette come «l’uomo, nei propri affetti, è spesso molto più fragile della donna», come scrive l’autrice Renea Rocchino Nardari. Rocchino è un avvocato matrimonialista di Treviso e ha raccolto nel corso del proprio lavoro le testimonianze presentate. La sua non è solo una riflessione di natura psicologica. Le storie raccontate rivelano infatti quanto spesso, quando una coppia finisce in tribunale, il senso comune sia più propenso a guardare con più empatia la donna e quanto spesso i tribunali finiscano per affidare alla mamma la custodia dei figli, con il diritto di decidere quante volte farli vedere al padre, persino in quelle vicende in cui occorrerebbe una valutazione più attenta.
In molti casi le donne sono davvero le vittime della situazione, e meritano tutto il rispetto: ma non va nemmeno dimenticato, come dicono queste storie, che ci sono anche centinaia di «padri privati del sacrosanto diritto di amare e di essere amati dai loro figli; padri ridotti a vivere miseramente e arrabbattarsi per un pasto, privati del diritto di vedere un figlio come e quando desiderano». Una situazione, secondo l’autrice, frutto «di una società che sta profondamente mutando». Un cambiamento che secondo Stefano Zecchi, autore della prefazione, è nata nel 1968 «che ha provocato un vero e proprio sconvolgimento del concetto di famiglia. Il padre-padrone è scomparso, e di questo ce ne possiamo rallegrare. La madre, regina del focolare, è scomparsa e anche di questo non c’è da rammaricarsi. I nonni sono diventati gli ammortizzatori sociali di genitori impegnati nel lavoro sino a tardi. Da questo marasma, viene fuori la famiglia “mammizzata”».
LA STORIA DI MARCO. C’è un caso reale e pirandelliano che documenta questo percorso e come le vere vittime alla fine siano i figli. Marco (nome di fantasia) è un insegnante di materie tecniche in una scuola superiore di Milano quando incontra Giorgia, la supplente di lettere. Si piacciono, si frequentano, si lasciano, tornano insieme finché Giorgia non rimane incinta: al colmo della gioia, Marco le chiede di sposarlo, e vanno a vivere insieme. «Quando nacque Nicole fui pazzo di felicità! Scattai un’incredibile quantità di fotografie. Ero affascinato da quell’esserino così perfetto che mi apparteneva» ricorda Marco nel libro. Subito dopo la nascita, Marco e Giorgia si sposano e la bimba viene riconosciuta dal padre.
Con la piccola Marco è affettuoso, cerca sempre di essere presente, aiuta la moglie a trovare un lavoro stabile nella sua stessa scuola. Ma lei, dopo un anno, inizia a mostrarsi più fredda nei suoi confronti e più cordiale verso un collega. Sinché un giorno non fa trovare a Marco le valige fuori casa. E poco dopo chiede al collega di andare a vivere con lei. È così che inizia un’assurda – ma in casistica molto diffusa – odissea giudiziaria. Viene presentata in tribunale l’istanza di divorzio, Giorgia stravolge i fatti e sostiene di essere stata lei ad essere abbandonata, il giudice sceglie di affidare Nicole alla madre.
NON E’ SUA FIGLIA. La madre fa di tutto per non far incontrare la bambina con Marco, rinviando gli appuntamenti previsti o cancellandoli, malgrado Nicole sia molto legata a Marco. All’udienza prevista per la separazione, Giorgia racconta ai giudici una nuova verità: «Nicole non è figlia di Marco, ma di una mia precedente relazione. Lui lo sapeva, ma ora fa finta di nulla e accampa diritti che non gli competono». Per questo viene presentata anche l’impugnazione del riconoscimento di Nicole fatto da Marco, per difetto di veridicità. Nell’angoscia (compresa quella di non riuscire ancora ad incontrare la bimba), Marco cerca di scoprire come stiano davvero le cose. Intanto Giorgia ha un’altra figlia dal nuovo compagno, e la piccola Nicole cresce confusa. Non sa più chi o cosa sia un padre: per lei, come racconta la stessa bimba agli psicologi incaricati di fare le perizie, il papà è solo l’uomo che di volta in volta vive accanto a sua mamma. La bimba dice che «c’è un papà che però è quello che ora vive con la mamma e le ha dato un semino per fare nascere la sorellina. Il semino invece da cui sono nata io lo aveva dato alla mamma un papà che non conosco e che viveva all’estero. Quando ero nella pancia della mamma e quando sono nata, c’era invece un altro papà, Marco».
NON PUO’ VEDERLA. Alla fine il dna dà ragione a Giorgia. Marco non è il padre biologico, anche se per tutti gli esperti che visitano la bimba lui è senza dubbio la figura più stabile nella vita della bambina, che rischia seriamente di crescere traumatizzata. Marco non si arrende, cerca di incontrare Nicole, disponibile a qualsiasi decisione del tribunale dei minori, accontentandosi anche di qualche ora alla settimana. I giudici, malgrado la perizia a lui favorevole, glielo negano. Da allora in poi, Marco non vedrà mai più quella che ha considerato sua figlia, che ha visto nascere, che ha accudito, che ha riconosciuto, ma che per la legge tale non è.
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12 commenti
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E’ vero, esistono storie come questa, in cui è la donna (di norma la parte più debole e quindi più protetta) ad avere atteggiamenti non corretti e vessatori nei confronti dell’uomo. Ovviamente nessuno saprà mai la verità su quello che è effettivamente accaduto, ovvero se lui sapeva o non sapeva che la figlia poteva non essere sua.
Però questo mi fa pensare a quanto spesso, proprio su questo sito, si sia parlato della importanza per il bambino del genitore biologico, delle radici, ecc., e da questo punto di vista Marco per la bambina non era niente, non era mica il vero papà (“Il semino invece da cui sono nata io lo aveva dato alla mamma un papà che non conosco e che viveva all’estero” dice la bambina). quindi, in fondo, Marco che diritto avrebbe?
Certo, Marco non ha nessun diritto, ma per assecondare il “diritto di autodeterminazione” della mamma, incapace di avere relazioni stabili, si mette a rischio la stabilità psichica della bambina. Certo, non tutte le donne, per fortuna, sono come Giorgia, molte hanno la testa a posto, ma quelle che non ce l’hanno sono comunque tutelate e protette dai tribunali in barba al “superiore interesse dei minori”. Chiaro che per la piccola il papà-Marco è la figura migliore per una crescita sana, ma chi lo fa capire alle varie trasmissioni televisive imbonitrici del pomeriggio dove le lacrime di una donna sono la verità assoluta? I giudici hanno sostanzialmente paura delle donne.
Sono assolutamente d’accordo che l’affidamento di un minore la mamma non dovrebbe avere corsie preferenziali rispetto al papà, ma si dovrebbe valutare il contesto migliore di crescita per il minore e non adattare il contesto per venire incontro all’antico retaggio che i figli devono essere accuditi e cresciuti necessariamente dalle donne. Poi nel caso specifico si potrebbe dire che la bambina in un certo senso è figlia di una eterologa naturale e questa è la dimostrazione che queste situazioni sono sempre esistite ed essere bravi genitori non significa obbligatoriamente essere anche i genitori biologici.
Certo, sembra proprio una bella storia…ma di enorme sofferenza, per la bambina in primis.
Facciamo in modo che queste belle storie siano il più diffuse possibile con l’aiuto della tecnica, che ce frega a noi !?
Vuoi mettere avere una madre con la barba, come Filomena ? Una vera goduria !
( Per chi si fosse collegato solo ora, Filomena è un super- troll o super- fake o come si chiama chiunque sia falso e menzognero fino al midollo: identità maschili e femminili multiple, beccata/o in flagrante più volte . Abbiate pazienza se mi scappa la battutina, non è che si può sempre mandare giù l’inganno acclarato e la malafede più esibita ! )
acido…acida
Nei primi anni di vita l’antico retaggio di affidarlo alla mamma è giusto (proprio per le esigenze del bambino e del tipo di affetto ed attenzione che può ricevere). Certo, questo senza far buttare il sangue al padre escludendolo del tutto.
Poi se la madre è una debosciata cronica il discorso cambia anche se il il bambino è un neonato.
Non avevo letto la seconda parte del post dove emerge la quintessenza Filomena. parlare di bravi genitori, associandoli ad ogni alambicco generativo, senza aver il minimo sentore emotivo su cosa è maternità e paternità.
@ Nino
Cosa vuoi dire? Che hai dedotto dell’esperienza di Marco?
Credo che pensi molto male…. ma per non essere avventato mi pacerebbe se mi rendessi partecipe di qualche tua fantastica intuizione su questa vicenda
Caro Toni, nelle discussioni, qui su Tempi, sulla eterologa, mi è sembrato di cogliere molte posizioni che affermavano l’importanza dominante del genitore biologico rispetto al genitore che sceglie di avere un figlio nonostante non possa contribuire al suo patrimonio genetico. E Marco è esattamente questo, un uomo che ha scelto di diventare padre di una bambina che non aveva parte del suo patrimonio genetico. Dato per vero ciò che dice l’articolo, per me Marco è il padre della bambina, e toglierglielo è stata una grande crudeltà, verso la bambina in primis, e anche verso Marco.
Però questa decisione mi sembra in linea con le posizioni che citavo prima, secondo le quali la madre è anche la madre biologica, Marco no, e mai avrebbe potuto sostituire il padre biologico (che di fare il padre non aveva proprio nessuna intenzione). La difesa di Marco (che io condivido, sulla base dei dati forniti dall’articolo) mi sembra in controtendenza con altri articoli pubblicati su questo sito
Ad una lettura superficiale della venda può apparire così. Ma se si entra nel dettaglio credo che le cose stanno diversamente. Ed il dettaglio nelle “esperienze” crea distanze incolmabili.
Marco “sa” e matura la convinzione, per via di un inganno, che è “sua figlia” (quindi “non ha scelto”). Questo elemento fondamentale mobilita dentro di se una energia (sinapsi, sentimenti, volontà, pensieri … ) volta ad amare la sua creatura. Ma in amore (quello vero…non i surrogati) nulla si perde, per questo continua ad amare sua figlia, perché per la bambina ha impiegato il meglio di se,ed è stato ricambiato (tu che sei papà Nino, sai che anche un sorriso, o una espressione di meraviglia, è un ricompensa immensa), e non può ignorare ciò che ha costruito e “strutturato” dentro di se. Per sua figlia, avrebbe dato tutto (e probabilmente sarà cosi in futuro) … anche parti del suo corpo se occorre per la vita della “sua” creatura (pure questo lo sai …perché sei papà).
E’ evidente che ci troviamo di fronte ad una esperienza unica. Ma è altrettanto chiaro che Marco, non sarebbe stato lo stesso se avesse saputo da subito che non si trattava di sua figlia.
Questo mi induce ad una puntualizzazione: non tutte le esperienze sono uguali. L’esperienza di un padre con sua figlia/o è diversa da un padre che adotta ed un figlio adottato. Non mi sogno di dire che ciò che lega quest’ultimi non possano esprimere sentimenti profondi-alti. Dico solo che non è la stessa cosa.
Ovviamente non prendo minimamente in considerazione forme diverse da queste, tipo l’adozione gaio, in quanto già l’aspetto “desidero” di avere un figlio, privando la creatura dell’esperienza della complementarietà sessuale (a tutti i livelli: sensoriali, sentimentali, razionali …) manifesta oggettivamente un elemento patologico che basta, ed avanza, a dirgli no al loro diritto inventato.
La tua posizione parte da presupposti sbagliati.
Ma non consideri che Marco e’ stato ingannato, il suo diritto dov’e’? Purtroppo si e’ accompagnato a una baldracca, questo e’ il vero problema e I giudici dovrebbero valutare anche la disonesta’ e totale inaffidabilita’ di quella donna. Povera bambina e povero papa’…