L’esempio di Dimităr Pešev, che salvò 48.000 ebrei dalle grinfie naziste

Evitò che molti finissero nei campi di concentramento, ma pagò in prima persona per il suo coraggio. Per questo è ricordato come un "giusto"

Tra i tanti avvenimenti a cui ho avuto l’onore di partecipare in questo nuovo ruolo di sottosegretario alle relazioni internazionali di Regione Lombardia, ce ne è uno che mi ha particolarmente colpito e che mi ha fatto riflettere sulle responsabilità personali e sul potere straordinario anche di fare il bene di ogni singolo uomo, in particolare quando ha responsabilità politiche.

Alleato dei nazisti

L’occasione si è presentata con l’80° Anniversario della Liberazione degli ebrei bulgari durante la Seconda Guerra Mondiale. Alla Bulgaria alleata di Hitler come all’Italia di Mussolini venne richiesto dai nazisti di partecipare al rastrellamento e alla consegna degli ebrei affinché fossero portati nei campi di concentramento.

In quel momento sul suolo bulgaro vivevano circa 48.000 ebrei, molto inseriti nel Paese e senza particolari posizioni di privilegio. L’allora vicepresidente del Parlamento bulgaro, Dimităr Pešev, esponente di una maggioranza alleata con i nazisti, inizialmente approvò la proposta, ma una domenica mattina un vecchio compagno di scuola ebreo si recò da lui informandolo che il governo, in accordo coi tedeschi, stava preparando per il giorno seguente la deportazione degli ebrei e gli spiegò quale era il reale intento della manovra: le camere a gas di Aushwitz e degli altri campi di sterminio.

La lettera e il carcere

Pešev scrisse una lettera di protesta, che venne sottoscritta anche da una trentina di parlamentari, e la consegnò personalmente al capo di gabinetto del primo ministro. La reazione non si fece attendere. In un clima di sospetti e di calunnie, la deportazione degli ebrei venne sospesa, non revocata. Ma così si salvarono i 48.000 ebrei bulgari.

Con l’arrivo dell’Armata Rossa, il clima politico si capovolse. Tutta la vecchia classe dirigente filonazista al potere venne spazzata via e si aprirono i grandi processi contro i vertici dello Stato. Pešev venne condannato a quindici anni di carcere duro e alla requisizione di tutti i beni. Liberato per amnistia dopo un anno e mezzo, fu costretto a vivere emarginato dalla società, senza lavoro e senza mezzi di sussistenza, morendo in povertà nel 1973. Proprio lui che fu l’artefice della salvezza di migliaia di persone.

Responsabilità personali

La sua storia è raccontata ne libro di Gabriele Nissim L’uomo che fermò Hitler (Mondadori, Milano, 1998)
Dal 6 marzo 2013, prima Giornata Europea dei Giusti, a Dimităr Pešev sono dedicati un albero e un cippo al “Giardino dei Giusti di tutto il Mondo” di Milano.

Su disposizione del parlamento europeo, il 10 maggio 2012 fu deciso con una mozione votata da 388 parlamentari di dedicare un giorno all’anno ai “Giusti di tutto il mondo”, una Giornata europea dei Giusti (European day of the Righteous) per commemorare coloro che si sono opposti con responsabilità individuale ai crimini contro l’umanità e ai totalitarismi.

Questa vicenda mi ha particolarmente toccato perché mette in chiara luce le responsabilità personali di ogni singolo individuo. Un solo uomo che non rinuncia alla propria coscienza, anche quando la politica volge lo sguardo altrove, può cambiare il destino del mondo, dare simbolicamente e fattivamente un nuovo senso all’umanità.

Il tempo che viviamo chiede che siano in tanti ad emularlo.

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