
Don Andrea si ribella e pubblica le fatture: «E ora vediamo chi osa dire che la Chiesa non paga l’Imu»
«Oggi dare addosso alla Chiesa è diventato uno sport nazionale e quando ho visto che anche alcuni miei parrocchiani facevano in giro battute sulla Chiesa che non paga l’Imu, ho deciso di agire». A sentire la sua voce al telefono, don Andrea Cosma sembra la persona più mite del mondo. Giovane sacerdote, ordinato nel 2005, dal 2010 è responsabile di tre parrocchie (Santi Cornelio e Cipriano, Santa Maria Assunta, Nostra Signora della mercede) nella diocesi di Genova a Serra Riccò, circa 4.500 anime in tutto. È mite, si diceva, ma quando c’è da dire la verità non si fa pregare. Per questo ha deciso di affiggere all’entrata delle sue chiese quanto ha pagato di Imu nel 2012 e perché lo potessero vedere tutti, lo ha postato pure su Facebook. «Ho reso pubblico il resoconto di quanto ho pagato per le mie tre parrocchie, affiggendo il modulo F-24 e persino la fattura della banca», racconta a tempi.it.
ECCOME SE LA CHIESA PAGA L’IMU. Le parrocchie di don Andrea sono in possesso di diversi immobili soggetti a Imu: terreni, appartamenti, magazzini. Don Andrea ha sempre pagato l’imposta su tutto ma è da un po’ che «ho sentito qualcuno criticare la Chiesa perché sarebbe esente dal pagamento dell’Imu. Non penso sia cattiveria, forse è solo cattiva informazione, ma il messaggio che è passato è che non paga niente. Invece io volevo che tutti sapessero la verità: solo sugli edifici di culto non viene corrisposta l’Imu o quelli dove si svolgono attività no profit, proprio come i sindacati ad esempio non lo pagano sulle loro sedi».
«DIAMO MOLTO, RACCOGLIAMO POCO». Ecco perché don Andrea ha affisso e pubblicato tutti i documenti, mostrando come per il 2012 «abbiamo pagato in totale oltre 5 mila euro. Questa è la verità e tutti devono saperla. Io ho visto girare soprattutto su Internet e Facebook cose false, ho provato a spiegare che non era vero che la Chiesa non pagava ma non sono stato creduto. Ora ho pubblicato i documenti, le fatture e nessuno può dirmi: “è una tua opinione”». Anche perché qualcuno cominciava ad esagerare: «Alcuni pensavano che io in casa mia non pagassi neanche le bollette. Io invece pago proprio come tutti. Anzi: a Maria Assunta di Serra, ad esempio, ci sono 300 abitanti. Noi spendiamo oltre 2.600 euro di Imu e la domenica a Messa raccogliamo se va bene 35 euro. Quindi diamo molto di più di quello che raccogliamo».
«TUTTI SIAMO CHIESA». Don Andrea è tranquillo, non vuole accusare nessuno, anche se alla fine riconosce che «di questi tempi, forse, è cresciuto un po’ di anticlericalismo per cui si dà addosso alla Chiesa. Queste cose non mi offendono però noto che tra i fedeli manca il senso della Chiesa. Mi spiego: tutti siamo Chiesa, tutti ne facciamo parte e possiamo partecipare. Le persone che sparlano sull’Imu sono le stesse che usano i locali delle parrocchie e poi parlano come se questi discorsi non li riguardassero, come se la Chiesa fosse solo il prete o il vescovo o il Vaticano. E invece tutti i fedeli sono la Chiesa». Il clima è anche alimentato dai giornali: «Sui quotidiani ormai esce sempre un’immagine negativa. Tutti a dire che la Chiesa non paga, anche se è falso, e invece nessuno parla del fatto che noi per Natale ad esempio facciamo la raccolta dei giocattoli che poi doniamo alla comunità di Sant’Egidio. È sempre così: il bene non fa notizia».
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5 commenti
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Ha ragione il don, dovremmo darci tutti una svegliata e portare la nostra parte di fardello, a viso aperto.
E degli aiuti di stato ricevuti negli anni 2006-2011 vogliamo parlare? lo ha stabilito l’ UE che questi aiuti di Stato, non avendo fatto pagare alla Chiesa l’ ICI, sono irregolari.
Quindi?
Ma quale UE? La stessa che non voleva Cirillo e Metodio sulla moneta dei 2 euro? Diciamo che a Brussel non credo sappiano bene cosa fa un oratorio, il GREST, ecc.
Al prossimo attacco…
Io non avrei pubblicato un bel nulla, ancor meno su Facebook.
Purtroppo la vera informazione è stata sostituita dall’opinione del primo di turno…fatto benissimo il sacerdote a pubblicare i dati