DON ORIONE E IL TERREMOTO

Di Giorgio Vittadini
13 Gennaio 2005
Per capire qual è il compito di cristiani e non cristiani di fronte allo tsunami, giova ricordare cosa fece don Orione in occasione dei terremoti di Messina del 1908

Per capire qual è il compito di cristiani e non cristiani di fronte allo tsunami, giova ricordare cosa fece don Orione in occasione dei terremoti di Messina del 1908 (90 mila morti) e della Marsica del 1915 (30 mila morti). Racconta Civiltà Cattolica: «Don Orione si precipitò in aiuto dei sopravvissuti, in particolare dei tanti orfani, e rappresentò l’anima spirituale e il centro operativo della ricostruzione. Per volontà di Pio X fu nominato vicario generale della diocesi di Messina, ove rimase tre anni, compiendo “grandi cose”, ma incontrando altrettanto grandi difficoltà e sofferenze». In Marsica si incontrò con Ignazio Silone che ne parlò nel suo libro Uscita di sicurezza. Era l’inverno del 1915 e la Marsica era stata colpita dal terremoto. Silone, appena quindicenne, aveva perso casa e famiglia. Così racconta: «Una di quelle mattine grigie e gelide, assistei ad una scena assai strana. Un piccolo prete sporco e malandato, si aggirava tra le macerie attorniato da una schiera di bambini e ragazzi rimasti senza famiglia. Invano il piccolo prete chiedeva se ci fosse un mezzo di trasporto per portare i ragazzi a Roma. In quel mentre si fermarono cinque o sei automobili. Era il re (Vittorio Emanuele II) col suo seguito che visitava i Comuni devastati. Appena gli illustri personaggi scesero dalle loro macchine e si allontanarono, il prete, senza chiedere il permesso, cominciò a caricare sopra di esse i bambini da lui raccolti. I carabinieri vi si opposero, e poiché il prete insisteva, ne nacque una vivace colluttazione, al punto da richiamare l’attenzione dello stesso sovrano. Affatto intimorito, il prete si fece allora avanti e, col cappello in mano, chiese al re di lasciargli per un po’ di tempo la libera disposizione di quelle macchine. Date le circostanze, il re non poteva non acconsentire».
Don Orione fu un fattore decisivo nella ripresa della speranza, della rinascita di uno sviluppo che partisse dall’amore al singolo io. Perché sogniamo come ripresa dello sviluppo, semplicemente la ripresa della prostituzione delle bambine a Phuket, le vacanze di sfogo degli istinti e lo sfruttamento dei bambini? Perché questa non può essere l’occasione di cooperare a una ripresa mettendo in gioco l’ideale in cui crediamo come fattore di speranza, sviluppo e cambiamento per chi soffre? Auguriamoci che in futuro ci siano meno Severini concentrati a contemplare l’Essere immutabile e più don Orioni commossi e partecipi della sorte di prossimi e non prossimi.
*Presidente Fondazione Sussidiarietà

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