
«È Dio che agisce realmente. Egli è qui». Parola (veemente) di un certo Joseph Ratzinger

Siccome adesso anche papa Benedetto XVI cinguetta su twitter, i burloni pensano che la migliore discussione in ordine alla pretesa verginità di Maria, anche questa, come la migliore ricetta per il tacchino di Natale, si possa trovare in rete. In effetti, in rete puoi trovare di tutto. Perfino i casi scientifici che illustrano gravidanze senza rapporti sessuali. Ma è abbastanza per contemplare il mistero di «Maria vergine e Madre di Dio», secondo un’intuizione dei primi discepoli di Gesù e codificata in dogma dalla Chiesa cattolica?
Che Maria sia la “Vergine e Madre di Dio” lo si è sentito dire fin dai Vangeli di Luca e Matteo. Fin dalle iscrizioni del II secolo scoperti sotto la Basilica dell’Annunciazione di Nazareth. Fin dalla Madonna con bambino affrescata nel III secolo nelle catacombe di Priscilla. Fin dai Concilii di Nicea (325), Costantinopoli (381), Efeso (431). Fin dalla basilica di Santa Maria Maggiore eretta dai romani in cima al colle Esquilino (432) in onore del Theotokos. Con ciò, nonostante la verginità e la maternità divine di Maria siano state provate non da una teoria, ma dall’esperienza di generazioni e generazioni che hanno a tutt’oggi i volti di milioni di uomini e donne pellegrini da Caravaggio a Lourdes, da Fatima e a Guadalupe, e nelle centinaia di altri santuari mariani sparsi in ogni angolo del pianeta: ecco, tutto ciò, tutta questa fede di secoli e secoli, è sufficiente – per dirla con i definitivi ossimori di Dante – a farci entrare nel mistero della «Vergine Madre, figlia del tuo Figlio»? Provate a fare un sondaggio a casa vostra o per strada. Scoprirete che non c’è bisogno di andare molto lontano – da un Hans Küng o anche alla cattedra della più recente teologia cattolica – per essere confermati nell’idea che la “verginità di Maria” è una affermazione intesa come un “per modo dire”, una metafora, un mito. Il rotocalco che sfogliamo in metropolitana parla esattamente come il grande esperto. Razionalista o teologo egli sia. “Maria vergine e Madre di Dio”? Andatelo a raccontare alle beghine che frequentano Medjugorje.
In effetti, all’epoca del primo Natale non c’era la Fivet. L’era della provetta e della riproducibilità tecnica della vita umana era ancora di là da venire. Dunque, direbbe l’odierno saputello della strada, come la mettiamo con questa frescaccia del “parto verginale”? Per esempio. Nel 1988, circa 5 miliardi di anni prima del previsto spegnimento del sole, si segnalò il caso scientifico che rappresenta la miglior risposta in rete alla domanda se si possa rimanere incinta rimanendo vergini. È la storia di una ragazzina americana che, colta dal fidanzato in elegante pastrugno con un altro, prima viene ferita da arma da taglio al ventre e, di conseguenza, ricoverata d’urgenza. Poi, nove mesi più tardi, nuovamente ospedalizzata per un prepotente dolore addominale. Questa volta la ragazza doveva partorire. «Però non poteva avere avuto rapporti – narra la migliore risposta in rete – perché affetta da aplasia della vagina, una malformazione molto rara per cui non si possiedono gli organi genitali esterni. Cosa era successo? Era successo che gli spermatozoi dovevano aver avuto accesso agli organi riproduttivi attraverso le ferite del tratto gastrointestinale».
Le congetture di Bbc e teologi
Altro esempio. Nel 2002, approssimandosi il Natale e non sapendo cosa fare per sollevare un po’ di clamore in un periodo dell’anno in cui né i pettegolezzi sulla Casa reale né i documentari del National Geographic si portano bene, i buontemponi della Bbc si inventarono un documentario dove si prendevano in serissima considerazione tutte le ipotesi più balzane circa la nascita di Gesù. Tutte, eccetto l’ipotesi narrata dai Vangeli. La cosa curiosa in questo genere di “inchieste” è che, pur di contrastare i fatti del cristianesimo e salvaguardare il dogma che se Dio c’è non c’entra con la sua propria creazione, esse ci propongono di dar fede a qualsiasi cosa. Insomma, ci propongono un dio portabile in tutte le occasioni e buono per tutte le fantasie. Purché non interferisca con la realtà e gli affetti di questo mondo. Per dirla con una metafora aggiornata rispetto alla versione cartesiana secondo cui la creazione sta a Dio come l’invenzione dell’orologio da polso sta a Patek Philippe: Dio avrà anche costruito la Porsche del cosmo, però poi l’ha lasciata lì, col motore accesso e l’uomo a guidarla a fari spenti nella notte. Questa è l’informazione “scientifica”. Di ieri, di oggi, di sempre.
Così, ad esempio, per gli esperti “scientifici” della Bbc, la nascita di Gesù sarebbe un evento ascrivibile a uno dei seguenti casi: Maria ebbe un rapporto prematrimoniale con Giuseppe; oppure, ebbe una relazione extraconiugale con uno sconosciuto; o ancora, e questo è un classico, fu stuprata da un colonialista romano. Penserete che in questa casistica manchi soltanto l’ipotesi americana del 1988. Poco male. A riempire il buco ci pensano i teologi alla Helen Bond, docente di Nuovo Testamento all’università di Edimburgo. Costei, interrogata dal prestigioso e autorevolissimo The Guardian (così come un Vito Mancuso potrebbe essere interrogato da una prestigiosa e autorevolissima Repubblica), ha proposto la soluzione del “caso Gesù” come il risultato di «una relazione tra una parrucchiera di nome Maria e un soldato romano di nome Panthe».
Fatti al di là di ogni congettura
Quello che però non sbagliano a registrare neppure i buontemponi di Sua Maestà o i “panteenteisti” mancusiani da cattolicesimo 2.0, è che Maria è effettivamente esistita. Effettivamente Maria è la ragazzina diventata madre di Gesù al massimo all’età di 15-16 anni. Effettivamente è probabile che Maria non avesse la pelle chiara, gli occhi azzurri, i capelli biondi, ma piuttosto la pelle e la capigliatura scura e fosse di modeste origini e cultura. Effettivamente, la Vergine era fidanzata a Giuseppe e, secondo il diritto giudaico allora vigente, era ritenuta ormai equiparata ad una moglie, anche se non era ancora sposata e i due non abitavano sotto lo stesso tetto. Effettivamente, riassume Ratzinger-Benedetto XVI nel suo terzo volume su Gesù, l’avvenimento che scompagina un fidanzamento-matrimonio ebraico e che mette sul piedistallo dell’universo una ragazzina di 15-16 anni (ragion per cui non c’è antropologia, religione, dottrina o filosofia politica più femminista del cristianesimo), avviene «in un luogo insignificante della semipagana Giudea che né Flavio Giuseppe né il Talmud nominano». Avviene in un villaggio, Nazareth, fuori dalle grandi rotte carovaniere. L’unica domanda seria davanti al cristianesimo è quella di Ratzinger-BXVI: «Ma se Dio c’è è tenuto a starsene fuori dalla creazione o può rivelarsi dove e come vuole Lui?». Tutta la modernità si trattiene fuori dalla soglia di questa domanda.
Accusava già il giovane Ratzinger in una conferenza del 1975 (La figlia di Sion, Jaca Book 2005), «Ora però si sa che la nascita verginale, in quanto fatto, in quanto effettiva realtà della storia, è fortissimamente contestata e, oggi, essa viene abbandonata anche da teologi cattolici: quello che importa, si dice, è il senso spirituale, il biologico può essere non importante per la teologia e va valutato solamente come mezzo espressivo simbolico». Come annota il teologo-papa ne L’infanzia di Gesù, «ci sono due punti nei quali l’operare di Dio interviene immediatamente nel mondo materiale: la nascita dalla Vergine e la risurrezione dal sepolcro, in cui Gesù non è rimasto e non ha subìto la corruzione». Bene. «Questi sono uno scandalo per lo spirito moderno». Ma da dove deriva questo scandalo?
Torniamo al Ratzinger teologo del ’75. «Ora, per quanto concerne la visione del mondo che potrebbe obbligarci a considerare impossibile la nascita verginale, è chiaro che essa non deriva da sapere, ma da valori. Oggi come allora, la nascita verginale è l’improbabile, ma non l’assolutamente impossibile; non c’è prova della sua impossibilità e nessun serio studioso di scienze naturali affermerebbe una cosa del genere». Lo scandalo deriva dalla sostituzione di una osservazione (improbabile) con un pre-giudizio (impossibile). Dice Ratzinger, questa «non è più una conoscenza, ma una struttura di valori». Ovvero un giudizio culturale, caratteristico della nostra epoca. Un giudizio che ha come componenti principali, da una parte «il nostro quieto cartesianesimo… ostile alla creazione, che vorrebbe allontanare la nascita ed il corpo dall’uomo per spiegarli col puramente biologico». Dall’altra, un’opinione su Dio e sul mondo «che ritiene sconveniente un concreto agire terreno di Dio, un agire che arriva fino alla vita e alla materia».
Tutto ciò, insiste Ratzinger, non è conoscenza, è un’opzione aprioristica. «Infatti, nella concezione per la quale ciò che è del tutto improbabile per il mondo è l’impossibile anche per Dio si cela il quieto presupposto che Dio non possa raggiungere la storia terrena e che di fatto egli non la raggiunge; il suo campo d’azione è limitato alla sfera spirituale». E questo è precisamente l’approdo al quale, da Aristotele a Eugenio Scalfari a conversazione con il Cardinal Martini, si condanna il pregiudizio culturale. Già, se l’“improbabile” coincide con l’“impossibile”, «preghiera e rapporto con Dio sono…“cura di sé”», fitness della psiche, suggestioni dello “spirito”, automassaggi mentali. E per le questioni centrali, non accidentali della vita, tipo: chi era questo Gesù? Chi è e cosa è l’uomo? Chi e cosa è Dio? Non resta che affidarsi alle suggestioni. Cioè, alle opinioni correnti.
La pretesa cristiana
«L’angelo del Signore portò l’annuncio a Maria. E la Vergine concepì per opera dello Spirito Santo. Il Verbo si è fatto carne. Ed abita in mezzo a noi». Ben strano che due millenni di potenze delle religioni, informazioni, rivoluzioni, scienze, tecnica, non siano riusciti a portare via, a sradicare, a bruciare una volta per tutte, questo annuncio. Che ancora in questo Natale 2012 si ripresenta esattamente come si è presentato in ciascuno dei 2012 precedenti che hanno scandito e scandiscono il tempo del mondo. Per una volta, però, grazie al Ratzinger del 1975, possiamo sentirlo veemente. «La testimonianza della nascita di Gesù dalla vergine Maria non è un angolo idilliaco di devozione; non è una piccola cappella di due evangelisti, che si potrebbe alla fine anche trascurare. Si tratta del problema di Dio: Dio è, non so dove, una profondità dell’essere che dilava ogni cosa, non si sa bene come; oppure è egli l’agente che ha potenza, che conosce e ama la sua creazione, le è presente, opera in essa, sempre, anche adesso? Si tratta dell’alternativa: Dio agisce o non agisce? Può egli agire veramente? Se non può, è veramente “Dio”?». La nascita di Gesù dalla vergine Maria «vuole testimoniare proprio questi due fatti: Dio agisce realmente, non solo interpretativamente, e: la terra porta il suo frutto proprio perché egli agisce. In fondo, il natus ex Maria virgine testimonia che Dio non ha liquidato la creazione. Qui si fondano la speranza, la libertà, la tranquillità e la responsabilità del cristiano».
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“Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così è piaciuto a te”.